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"It doesn't matter what you do, as soon as you do it with Passion.."

La Straordinaria Storia di Sir.Artur.Wallas - Parte 6 -


Non fu esattamente la prima canna del Wallas.

Ad esseri sinceri, penso che chiunque, nell'età compresa tra i quindici e i diciotto anni, abbia fumato erba di gusto, in più di un'occasione...

Quindi, quando io ed il Wallas accendemmo la nostra canna sui gradoni di piazza Diocleziano, l'effetto sortito era già un'abitudine. Niente collassi, giri di testa, colpi di tosse da neofiti.

A me il mio amico pareva normale. Ridevamo da strafatti su cose probabilmente prive di senso, parlavamo del nulla, fissavamo oggetti di dubbia attratività... mangiammo quel giorno. Prendemmo un paio di focacce calde al forno vicino alla strada.

Non c'era niente di non conforme al classico post-canna. Un pomeriggio qualsiasi, credo.

Toccammo anche la questione Ginevra, ma ci si scherzò su. Fu proprio lui a buttarla sul ridere: ' Quindi se ora mi ri-scopo ginevra e lei mi bacia, avrò la tua sborra in bocca? '

Classiche stronzate volgari tipiche di due fattoni su una panchina sporca e dalle briciole sulle gambe.

Non ci sentimmo per un altro paio di giorni, fino a che il Wallas non mi chiese se fossi libero una sera. Si stava annoiando, non aveva nulla da fare in casa, quindi perchè non vedersi e aprirci qualche birra fresca ?

Nel messaggio aggiunse: Ti ho portato un regalino.

Il regalino era dell'erba. Fumammo anche questa volta.

Poi, due giorni dopo, ancora.

- Ho una sorpresina, non so che fare stasera, vengo da te ? -

Hashish milanese, raccattata da qualche suo amico che sicuramente l'ha presa a sua volta da qualche marocchino in Corso Como. Niente di speciale.

La sera dopo, ancora, di nuovo.

Solo che il giorno seguente, io avevo dei discreti impegni. Niente di irrinunciabile o irrimandabile, ma avevo comunque il mio da fare. Sul momento infatti, ricordo di avergli detto di ' beccarci ' un'altra volta, che potevamo vederci l'indomani così avevo tempo per spicciare le mie faccende.

Lui però, insistette gentilmente.

Alla fine, anche perchè fumare mi rilassava, accettai di vederlo. Non sarebbe crollato il mondo se per una sera avessi rimandato i miei impegni.

Eppure, alle 21.00 del giorno dopo, ancora, la stessa storia.

Avevo sbrigato i miei compiti nel pomeriggio, non avevo uscite organizzate e tantomeno avevo voglia di inventarmi qualche piano strano per la mia serata. Era un qualsiasi giorno feriale e l'erba iniziava a piacermi parecchio.

Decisi di vederlo, nuovamente.

Quella sera capì una cosa che solo ora, riscrivendo questa grande storia, sembra avere un filo logico con tutto il passato narrato: Il Wallas si annoiava spesso.

Dentro di lui, qualcosa, gli toglieva la voglia di fare la vita di prima, nonostante l'avesse portato al top della forma, nonostante gli avesse regalato donne, soldi, stima...

Aveva fatto Boxe per due anni, gli piaceva un sacco quello sport. Per lui andare a far Boxer era come andare a Gardaland per un bambino.

Ricordo che aveva Boxe ogni Martedì e non aveva mai mancato un appuntamento.

Proprio un Martedì pomeriggio, mentre io giravo un video nella mia stanza, mi arrivò questo messaggio:

- Ned, ti va di vederci al parchetto? Dai, ci divertiamo. -

Siccome ero impegnato nel mio progetto, la risposta fu immediata.

- No mi spiace Ale, non posso davvero. Magari stasera se mi libero. Ma non hai Boxe ? -

- Ah, Già. - scrisse.

Ah, già.

Ah... già.

Non c'era più quell'entusiasmo per quello sport ? Possibile che non aveva la minima voglia di continuarlo ? Non era la sua passione? Non era ciò che lo gratificava più di ogni altra cosa?

Ricordo che dava buca persino alla sua amata Ginevra pur di andarci e Ginevra, di sorpresa, si faceva trovare all'uscita per poi andare assieme a consumare una cenetta romantica.

Gli piaceva così tanto...

Il Wallas, doveva proprio star iniziando ad annoiarsi...

E se quella noia, se, ipotizzando, avesse avuto il nome di.... Depressione?

Possibile che nessuno se ne rese conto? Davvero nè io, nè i suoi amici, nè la sua famiglia, aveva notato quel calo di umore nel mio amico ?

E se quella Depressione... fosse realmente una depressione?

Intendo, non tipo la depressione di una persona triste, ma tipo la depressione di chi è realmente malato di depressione.

Bè, le canne lo facevano sorridere, eccome se sorrideva. Quando tornava a casa strafatto e straparlava a vuoto, si divertiva un sacco sul nulla più totale. Riusciva a stare bene anche in mezzo ad una pozza di cemento e nessuno attorno.

A me le canne davano però una sensazione diversa... Mi facevano sentire vuoto. E' vero che ridevo come un cretino appena qualcuno in televisione tirava una puzzetta o faceva una battuta da undicenne, però, appena l'effetto finiva, mi rendevo conto di quanto tempo avessi sprecato.

Di quanta inutilità, di quanta nullità... quell'insensatezza, la trovavo fastidiosa, una volta lucido.

Sono convinto che il fumare cannabinoidi corrisponda a questo: un ironico viaggio nel vuoto.

Poteva un viaggio nel vuoto far bene ad un depresso? Probabilmente sì. Anzi probabilmente era la cura perfetta. Gli dava qualcosa nel momento in cui lui non sentiva più nulla addosso. Gli dava un senso, una vitalità, un entusiasmo che altrimenti non ritrovava dentro sè stesso.

Poteva quindi un viaggio nel vuoto far bene ad un depresso?

Sì.

Fino a che durava....E quando finiva ?

Nessun viaggio dura a lungo.

E' per questo, che nascono le dipendenze.

Nel giro veloce del tempo e dei giorni e delle stagioni passanti, io ed il Wallas condividemmo quasi ogni sera insieme. Potevano cambiare tante variabili. Luogo, persone annesse, orari, planning serali, stati d'animo, fidanzate...

Eppure tre costanti ci perseguitarono, tre cose erano sempre presenti: Io, lui, l'erba.

C'era così tanta erba, da darmi fastidio. Non mancò molto,prima che io iniziai ad annoiarmi di quella vita monotona, il continuare a fumare non mi portava benefici nè sul corpo nè sulla testa: ero sempre più pigro, assonnato, perso in nuvole inconsistenti.

Quella stanchezza che si accaniva sul mio cervello mi riduceva ad un barbone privo di spirito e creatività.

Non a caso, quei mesi, quegli anni, furono i peggiori di tutta la mia carriera.

Lui invece, era sempre più simile ad un perfetto idiota e non intendo un'idiota sul genere del cretino fenomeno da baraccone, intendo un idiota sul genere di quel tipo di persone, che sai che un giorno finiranno a parlare da sole sul tram con presunti fantasmi in preda a chissà quali allucinazioni...

Mia mamma mi raccontò un sano proverbio: Ricordati che spesso Claudio, l'erba è solo l'anticamera di droghe ben peggiori.

A me sembrava una cosa stupida, già iniziavo a non sopportare quell'abuso di erba, figuriamoci se avrei voluto provare cocaina, eroina, acidi o chissà quali schifezze.

Sono una persona egoista.

Non penso mai agli altri.

Un proverbio non è stato scritto solo per sentenziare la mia vita, a volte, la saggezza popolare, aiuta a capire chi ci sta più vicino....Non parlava di me, nè mia madre nè il proverbio. Parlavano del mio amico.

Possibile che non mi resi conto di quel declino ineluttabile poco prima? Possibile che davvero, io, non abbia potuto far niente per salvarlo ?
Andiamo per ordine, giriamo ancora le lancette a tal punto che le foglie cadute ricrescono sugli alberi, viaggiamo all'indietro come spiriti risospinti senza sosta controcorrente.
Torniamo a quando avevamo iniziato a vederci e fumare abitualmente un paio di canne alla sera, i posacenere non andavano svuotati di continuo e il mio amico, aveva ancora un buon profumo sul collo.
Tre mesi dopo il mio tradimento con Ginevra.
Novembre.

Un sabato sera, io e il Wallas navigavamo come marinai senza meta lungo le strade di Corso Sempione. Lui, cercava da fumare, Io, da bere.
La città era viva, piena di colori e persone che urlavano, camminavano, si abbracciavano. C'era un sacco di gente ed era normale, se abitate a Milano, penso sappiate cosa succede ogni sabato in Corso Sempione.
In zona arco, ci sedemmo sui gradoni di porfido e assistemmo ad un piccolo concerto di una band blues.

C'era una vastità di roba da bere, noi prendemmo il nostro primo cocktail.

- Per me, uno sbagliato grazie -

- Dammi qualcosa di stra forte, non so fai tu - Disse il Wallas.

Neanche quello fu un caso isolato, una persona che vuole bere per il puro gusto di sbronzarsi, senza avere cognizione e gusto in ciò che sta bevendo, è una persona pericolosa per sè stessa.

Chiedere un qualsiasi cocktail purchè forte, non significa altro che chiedere lo sballo in pochi centilitri.

Non ci feci caso.

Seduti e abbeverati, iniziammo a notare le belle ragazze attorno e a puntare le nostre prede. Wallas aveva ancora il suo tocco magico da Pr e sapeva come accattivare qualche bella fanciulla.

Stavamo fissando una ragazza seduta poco distante con un paio di amiche. Erano abbastanza su di giri, sbronze probabilmente e avevano vestiti così scollati che ad una di loro uscivano spesso i capezzoli.

Mentre io ed il mio amico, arrapati come leoni africani, provavamo a farci notare in modi improbabili e discutevamo su tattiche per approcciare con successo, una treccia di capelli biondi scorse davanti ai nostri occhi come fili di grano.

Ginevra.

Inebetiti restiamo immobili, lei, non sembrava vederci.

Cammina in direzione di una discoteca all'interno del parco...

Ci vuole qualche minuto, sia a me che al Wallas, prima di vedere che le mani di Ginevra stringono le mani di un uomo al suo fianco.

Un nuovo fidanzato. Quelle mani che si accarezzano non sono le mani di due amici.

Le prime parole ad uscirci sono qualcosa del genere: Oh cazzo. Oh minchia. Oh merda. Porca... Merda! Oh ma... Oh cazzo.

Le seconde, dalla bocca del Wallas, durano cinque minuti netti di orologio, in ripetizione come un cucù: Non ci credo, non ci voglio credere. Non ci credo.

Era già di pessimo umore per non aver fumato; notavo una piccola crisi di astinenza nel suo corpo: era nevrotico e affranto fin troppo per la mancanza di una semplice canna.

Non era normale stare in quelle condizioni solo per non aver fumato una sera. Non era normale avere delle crisi per una cannetta in meno. Wallas, non era normale. Qualcosa non andava.

La visione di Ginevra poi, fu la scintilla dell'ira funesta del nostro Achille. E infatti... aggiunse poco dopo:

' Ned, muovi il culo, andiamo anche noi all'Old Fashion. Pago io per farti entrare, fotte un cazzo. Ma ti giuro che se quella bacia quel coso io la ammazzo '

E qui, qui purtroppo ammetto un mio grande difetto che peserà molto nel corso della nostra storia.

Adoro vedere il disagio.

Sono come un piccolo diavoletto contento nel vedere le persone farsi del male.

Mi piace il Kaos, sono attratto dalla violenza, adoro vedere le persone scannarsi come sciacalli e amo l'idea di essere sempre lì ad osservare, gustando con del buon vino quello che succede. Non che ci sia sempre del vino, ma è come se io fossi seduto ad un tavolo di un ristorante di gran classe e osservassi davanti a me due ragazzi farsi a fette sotto i miei piedi. Come porci che si rotolano nel fango. Mi eccita in qualche perverso modo.

Però, ho anche una coscienza e di fatti, la coscienza mi chiamò a sè.

' Non mi sembra una grande idea Ale. Dovremmo farci gli affari nostri '

Lo scontro Coscienza e Diavoletto al mio interno, fu una battaglia di proporzioni epiche e alla fine non ci misi il giusto impeto per convincere il Wallas a non seguire le tracce di Ginevra. 

Fu tutto vano, non riuscivo a farlo desistere.

Iniziammo ad incamminarci.

Una volta arrivati ed entrati con successo nel locale, sapevo già, che avrei dovuto lottare meglio con me stesso: Dovevo portarlo via di forza, non potevo assecondarlo. 

Le sue mani tremavano.

Neanche questo è un buon segno in una persona.

Una volta entrati, non ci volle molto per vedere ' la nuova coppietta ' e a dirla tutta, ci volle ancora di meno per vedere scomparire tra la gente il mio caro amico.

Era sparito, lanciato come un Titano, spingendo via chiunque, pronto ad azzannare il collo di Ginevra e quel tizio.

Il tizio tra l'altro, era parecchio bello. Un bell'uomo, sicuramente più di me e di lui e in fondo, ci rosicavo anche io.

Mentre ero combattuto dall'idea di menare le mani contro quel bellimbusto, per un'insana gelosia, e il frenare il Wallas dal fare una cazzata colossale, Ginevra, si parò di fronte al pugno di quest'ultimo.

Wallas prese Ginevra con un destro a giro.

Iniziarono a menarsi.

Lei, a colpi di borsetta, lui con sputi e schiaffi.

Ginevra colpì duro lanciandogli un calice di vetro addosso, Ale reagì tirandole una scarpa.

Non si fecero davvero tanto male, anche perchè tutti intervennero subito. In discoteca nessuna rissa dura a lungo, da quando ci sono i buttafuori.

Il disagio vero, quello preoccupante, non era tuttavia ancora iniziato.

Sbattuti fuori tutti dalla discoteca, il Wallas iniziò a correre contro la macchina dei genitori di Ginevra che, ancora non ne so il motivo, erano stranamente presenti. Forse era una festa? Bel modo per festeggiare, pensavo.

Ginevra, abbassava il finestrino e gli tirava dei cazzotti degni di un uomo, il padre ad un tratto decise di frenare ed investì il mio povero compagno di disavventure.

Wallas però, reagì di cattiveria saltando sulla macchina e spaccando con un ginocchio uno specchietto.

Il padre quindi scese.

E il Wallas.... tirò fuori il coltello.

E io? Io ero lì a guardare e ad urlarle di smetterla, ma sapevo che era davvero inutile. Mi stavo giusto avvicinando per portarlo via, ma quando la lama sbucò dal suo taschino, ebbi paura.

Paura per me? Paura per Ginevra? Paura per il Padre?

Non so voi, ma quando vedi una persona puntare un coltello contro qualcun altro, la paura diventa collettiva.

Credo si chiami empatia. Strana cosa l'empatia.

Non ci furono coltellate, per fortuna divina, il Wallas, resosi conto dell'estremo atto di follia, corse a gambe levate.

Lo ritrovai poco dopo nascosto in un parco. Era agitato, sudato e si sentiva come un ladro che scappa dopo essere stato ripreso dalle telecamere.

Mi arrabbiai con lui tanto da fargli capire l'idiozia che aveva combinato, ma non troppo per evitargli scatti sclerotici. In quelle condizioni era pericoloso, bisognava saperlo trattare.

Suonò il suo cellulare ripetutamente, risposi io.

' Oh Bella Ale, sono Nico, senti sono in zona all'arco, tu volevi da fumare? Non so cos'ho, però ho altra roba... se vuoi... '

Riferii il messaggio.

Il mio quasi-amico-schizzato si girò e mi sorrise.

Wallas, sorrise. Sorrise per davvero, era un sorriso macabro ma genuino. Felicità?

' Oh ora sì che sono felice, buttiamoci sta serata alle spalle '

Fu inquietante. Fu un momento di silenzio tombale in cui neppure io seppi proferire parola. Non aveva senso. Come poteva reagire con così tanta tranquillità?

Fui così inebetito e contrariato, da prendere di forza e tornarmene a casa mandandolo a quel paese. Doveva essere completamente scemo, forse l'alcool gli aveva dato alla testa, io, comunque, non volevo avere a che fare con le sue bravate.

Mentre ripercorrevo la strada di casa, pensai. Pensai tanto.

Avevo capito che Wallas si annoiava spesso; e dopo quella serataccia avevo anche imparato che al Wallas, le droghe, piacevano.

Eccome se gli piacevano.

Forse... un po' troppo.

- Fine parte 6 - 

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La straordinaria storia di Sir.Artur.Wallas - Parte 5 -

Salutai Ginevra l'indomani.
I genitori, mi pagarono un taxxi per il ritorno e si scusarono di avermi trattenuto così a lungo. Io, ringraziai.
Il motivo per cui non me ne tornavo al villaggio depresso o insoddisfatto, era il numero che avevo lasciato sul cellulare di Ginevra ed una promessa, o meglio, un appuntamento: il giorno prima del mio compleanno, il 18 di quel torrido Agosto, ci saremmo rivisti e avremmo festeggiato insieme. In un certo senso, mi ero dichiarato, ma non mi ero esposto così tanto. Voglio dire, passare la notte del proprio compleanno, con una ragazza, da soli sulla spiaggia. sarebbe stato un evidente flirt nei suoi confronti e dato che nutrivo più di qualche dubbio sul fatto di piacerle o meno, la buttai lì: inventandomi che i miei amici del villaggio andavano in una discoteca in cui mi avevano cacciato fuori e dove non volevo e non potevo tornarci.
A ripensarci, era una strana scusa, ma non importa se reggesse o meno, fatto sta che lei accettò con un sorriso. E quel sorriso, me lo portai dietro per i giorni seguenti.
Ignorai completamente tutte le ragazze in costume, in topless, disinibite ad abbronzarsi davanti ai miei occhi, avevo in mente solo il suo di corpo e più lo pensavo, più trattenevo le erezioni dure e grosse che premevano nei miei pantaloni.
Non mi masturbavo perchè ho una strana scaramanzia. In sostanza se mi masturbo pensando ad una ragazza, quella ragazza immaginata, non riesco poi a portarmela a letto. Vi dirò addirittura, che spesso, la frattura nelle mie poche relazioni serie avute, è coincisa col masturbarsi pensando alla mia fidanzata. Come se, masturbarsi pensando a quella persona, decretasse il non poter avere più il suo corpo in carne ed ossa.
E' una stronzata, ma anche la scaramanzia è una stronzata, eppure, un po' ci credo...
Mi trattenni quindi all'inverosimile e poi, arrivata la sera del 18, dopo una lunga preparazione in cui avrò sistemato e ricambiato l'ordine dei miei capelli almeno dieci volte, mi avviai alla spiaggia promessa.
Finalmente, era giunto il giorno. Il Viaggio per arrivarci però, fu tutto in bicicletta e considerata l'alta temperatura, arrivai abbastanza sudato. Mi annusai ripetutamente sperando che si sentisse ancora il buon profumo addosso. Fortuna che c'era il mare, quindi potevo spogliarmi e farmi un tuffo e nessuno avrebbe notato che avevo sudato all'inverosimile, solo che, quando arrivai in spiaggia, lei, era già lì.
Tra l'altro, il primo commento che fece, fu proprio il seguente: Sei un po' sudato Ned?
Ma, subito dopo, continuò: ' Andiamo a farci un bagno dai. '
Fu così rapido, che l'imbarazzo cedette il posto alla rassicurazione.
La spiaggia era deserta, c'era il tramonto ma senza i soliti colori rossi, si sentivano i rumori della pineta alle nostre spalle e l'acqua aveva quella temperatura gradevole che assume verso sera, dopo una calda giornata.
Il momento in cui si alzò dal telo da bagno e si tolse maglietta e i pantaloncini, mi sembrò durare una piacevole eternità. La sua schiena nuda che si scopriva, il suo sedere piccolo e sodo come granito... Ogni centimetro di tessuto che si sfilava, era un centimetro in più della sua pelle nuda e a me sembrava di vederla scoperta a rallentatore. Era fantastico.
Quando andammo in acqua poi, i suoi capezzoli divennero duri e rigidi e nonostante fingessi di non farci caso, li osservavo con la voglia di addentarli e mordicchiarli un po'… Mi puntavano, sporgevano fuori come vogliosi di uscire da quel pezzo di stoffa.
Arrivò il momento.
Un'onda la spinse all'indietro verso il mio corpo... le sue cosce si accostarono al mio membro e sentii strusciarmi addosso il suo sedere trascinato dall'acqua... Eravamo finiti attaccati ed io, per istinto, le baciai le morbide spalle.
Mentre le mie labbra si avvicinavano, nella mia testa, una strana voce mi gridò: Se lo fai, sei fottuto. Lui, lo verrà a sapere. Lo sai, lo sai, la verità viene SEMPRE a galla.
Ma si sa, io e la mia coscienza, siamo due estranei che si ascoltano poco l'un l'altro.
Poi, poi dovreste levarmi la penna tra le mani, perchè riempirei fogli e fogli su quello che fu per me il fare l'amore con Ginevra. L'acqua fu l'inizio di ogni luogo, ogni sterpaglia, ogni posto, in cui nei giorni seguenti, io e lei ci scopammo fino al farmi sentire dentro le sue ossa, il suo stomaco, come animali che si cacciano selvaggi in una foresta sperduta. Ancora e ancora.
Harder and harder, deeper and deeper, cantavano i Bullet.
L'ultimo giorno della mia vacanza, ci salutammo come due persone consapevoli che hanno fatto lo sbaglio peggiore della loro intera vita. Due condannati a morte, due idioti, due ragazzini irresponsabili.
Mentre salivo in macchina, lei preoccupata e stretta tra le sue braccia mi strillò con impeto : Non dirlo ad Ale, ti prego Ned, fallo per te stesso!
Quello, fu anche il primo giorno in cui coniai questa frase, come una lapide sulla mia testa che non mi abbandonò più : I'm a deadman walking. I deadman walking sono i condannati a morte, ma la traduzione è ciò che fa rabbrividire: uomini morti che camminano.
Io stavo camminando verso Milano, su un treno regionale sporco e puzzolente e ogni minuto più vicino alla mia città, era eterno e spaventoso. Avrei voluto non finisse mai quel viaggio, perchè sapevo che dovevo scendere prima o poi.
Tutti dobbiamo scendere dai nostri treni prima o poi.
Vedete ci sono uomini che non possono uccidere e uomini che possono uccidere. Wallas poteva uccidere, per Ginevra, poteva. Tutto quel sangue caldo che gli ribolliva, poteva esplodere in un atto di estrema violenza, nel suo caso in un paio di coltellate - salvo poi pentirsene per il resto dei suoi giorni, perchè non l'avrebbe mai fatto a mente lucida, ma l'avrebbe fatto in quelle condizioni, un istinto che ben comprendevo, dato che anche io sono fatto così -
Escogitai un piano. Tanto in fondo, sapevo che lui sapeva. Qualcuno avrebbe parlato, presto o tardi, lui sospettava da tempo di me e Ginevra e quindi, dovevo prevenire il disastro, dandogli il tempo per calmarsi o almeno facendo in modo che non ci rimettessi le penne… Ma come?
Prima di partire per la Toscana, mi frequentavo con una certa Giulia che, caso vuole, abitasse a pochi metri dalla casa del Wallas. Sempre per caso fortuito, il Wallas ci aveva visti assieme, si era seduto con noi al tavolo di un pub e si era preso una cotta per la mia Giulia o almeno, la trovava così attraente da farci più di qualche pensierino - anche se non l'aveva certo ammesso, lo si intuiva dai suoi sguardi e i suoi modi costruiti di parlare per darsi un'aria -Raccontai tutto a Giulia nella speranza che la mia vita a rischio fosse più importante del semplice ' Mi hai tradito bastardo ! '
Ad aggravare la mia posizione però, c'era la mia richiesta: Provaci con lui, se ti bacia, siamo pari. E consapevole di questa parità, si sentirebbe anche lui in colpa. Quindi, non mi ucciderebbe.
Furono ore intense quelle in cui Giulia mi staccò il telefono in faccia...
Iniziavo ad immaginare la mia ultima cena, il mio testamento, la mia ultima sega... bè la mia ultima scopata era stata grandiosa, quindi, poteva andarmi peggio. La situazione era così drammatica da farmi divertire a crepa pelle, sceso alla stazione centrale, controllato che il Wallas non mi aspettasse ai binari, iniziai a riprodurre nel mio ipod le canzoni da marcia funebre. E ammetto, la cosa mi divertiva. Era grottesco. In aggiunta, mia madre era in vacanza ancora per due lunghe settimane ed io, ero a casa da solo con i miei cereali e le mie pantofole.
Giunto a casa, mi barricai con tanto di tavolo messo a mo di barriera sulla porta e coltello pronto all'uso, sotto il cuscino da letto.
Poi, durante la mia prima notte da militare in trincea, Giulia mi chiamò.
' Lo faccio solo perchè so che non meriti una brutta fine. Ma con te, ho chiuso. Ciao. '
Ringraziai ogni stella possibile ed immaginabile, ma il problema ora, era soltanto uno: quei due dovevano baciarsi e io, dovevo avere qualcuno che testimoniasse l'accaduto. Come potevo fare? Organizzai anche questo grazie alla gentile disponibilità di Giulia e di una sua amica e tutto filò per il verso giusto, il piano funzionò, i due si incontrarono in un parco, lei fece la gallina, lui ci provò.. il Wallas baciò Giulia.
Ora, dovevo solo farmi avanti.
Mentre pensavo a come agire, a cosa scrivergli, in che modo potessi sia rivelargli di Ginevra, che di quello che aveva fatto con Giulia, mentre pianificavo vie di fuga, opzioni secondarie ed altro, il citofono di casa mia, suonò in una piovosa sera di fine Agosto.
' Scendi. '
Il fatto che mi disse di scendere, fu rincuorante, perchè almeno, aveva abbastanza sale in zucca da non salire e sfondarmi la porta malamente.
Però, non mi fidavo lo stesso. In più, la sorpresa, così, tutta d'un tratto, mi faceva palpitare il cuore come l'acqua che ribolliva sulla pentola della pasta. Ero preso alla sprovvista, avevo calcolato bene i piani, ma non le tempistiche. Aggiunse, nel mio totale silenzio : ' Tu non amavi Giulia, mentre Ginevra era la donna della mia vita, sei un lurido bastardo! Scendi, se hai le palle, almeno mettici la faccia. SCENDI ORA ! '
Sapete perchè scesi ? Scesi perchè quello, era il mio migliore amico. Scesi perchè gli volevo così bene, da sapere quanto gli avesse fatto male il mio gesto. Ed in qualche modo dovevo pagare, perchè avevo ferito un ragazzo che per me, contava davvero tanto. Era forse l'amico più vero e speciale che avessi mai avuto. Un coglione cronico, esattamente come il sottoscritto. Una persona che però, esattamente come il sottoscritto, era una persona vera. 
Poco prima che l'ascensore si spalancò, pensai: Non è così che finirà la grande vita che Dio mi ha assegnato.
Sorprendentemente, chiarimmo.
Non so come, ma chiarimmo senza spargimenti di sangue. La discussione durò tutta la notte perchè in quella discussione non c'era solo la mia colpa, ma c'era la colpa di Ginevra, la colpa di Ale, la colpa dell'essere un cattivo fidanzato, la mia colpa dell'essere un pessimo amico, l'amicizia con Edoardo, i tradimenti di tutti noi, i nostri vecchi amici... la nostra infanzia. Nessuno picchiò nessuno e a parte qualche strillo e spintone, fummo tutti sani e salvi. Solo che, ancora non potevo saperlo ai tempi, che qualcosa quella notte, si ruppe davvero dentro il mio amico.
Perse la fiducia nel trovare o provare a vedere del ' bello ' nel mondo che lo circondava. Si era rassegnato… ed aveva solo 18 anni. Non sarebbe più tornato lo stesso. Quando lo vidi andarsene a casa e girarsi di spalle, per quanto assurdo vi possa sembrare, io percepii qualcosa di brutto e spiacevole. Come un'ombra destinata ad allargarsi nel corso degli anni a venire. Però, non ci diedi peso. Pensavo fosse suggestione. Avevo chiarito con lui e in qualche modo, avrei ricostruito i rapporti andati ormai rotti. Ero davvero uno stupido.
Se solo avessi capito prima…
Non ci parlammo per un mese, fino al giorno in cui mi chiamò per chiedermi se mi andava di fumarmi una canna con lui, dato che era nella mia zona e si stava annoiando.
Lui non fumava le canne, ma anche stavolta, non ci feci caso.
Ero proprio uno stupido.
Se gli uomini potessero vedere il proprio futuro, non piangerebbero mai. Nè per rimpianti, nè per rimorsi.

- Fine parte 5 -

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La straordinaria storia di Sir.Artur.Wallas - Parte 4 -

​​Sorseggiai una caipiroska alla fragola; tutt'attorno lo zucchero di canna mi dava una piacevole sensazione di dolcezza sulle labbra, rimanevano zuccherine e succose, e chiunque mi avesse baciato, si sarebbe gustata un ottimo sapore... ma Ginevra non mi baciò quella notte.
Però, la toccai.
Ginevra era una ragazza che quando ci dava dentro con l'alcool, non aveva un minimo senso di responsabilità, finiva col bere quantità industriali di qualsiasi porcheria - purchè costosa - le venisse proposta.
Le piaceva proprio sbronzarsi, forse anche questa era una caratteristica affine a noi due. Non so se lo facesse perchè, come a me, le piaceva il senso di folle libertà, di caduta irrefrenabile, di oblio caotico e confuso... Forse beveva semplicemente per lasciarsi andare, ma lo trovo poco possibile, dato che le sue sbronze erano identiche anche quando stava fedelmente fidanzata col Wallas e non aveva certo ragioni per smollare un po' il suo corpo composto...No?
Io bevvi davvero poco.
Volevo godermi a pieno quel momento e ricordarmelo sulla pelle ancora a lungo. Se qualcuno mi chiedesse cosa mi facesse pensare che me la sarei portata a letto quella notte stessa, la risposta sarebbe stata semplice: Era un così strano e irripetibile caso del destino, che era ovvio che non sarebbe rimasto incompiuto. Non esistono casualità così grandi. Sono le persone, al massimo, a non sfruttare quei momenti incredibili e a lasciar cadere nel nulla le loro più grandi opportunità. Non capiscono che se è successo è perchè è destino che venga portato a compimento. Non puoi interromperlo riflettendoci, o facendoti dilemmi, o abbandonando sul nascere la questione. A volte, il Destino bussa chiaramente alla nostra porta, ci fa uscire in mutande, proprio quando non siamo preparati, e ci grida: Vieni con me, ho una cosa da mostrarti!
Insomma, per questa ragione, mi ero convinto che le stelle avessero deciso che quella notte, tutte le mie fantasie, si sarebbero avverate. Potevo già immaginare, ora che era lì, da sola, ad un palmo dal mio viso, non avevo più paura a toccarla, ad abbracciarla, a strusciarmici dolcemente sulle sue cosce. Sentivo vibrare il suo cuore, vedevo quelle labbra chiamarmi ed essere vere, non più come prima, così precluse e serrate. Era proprio lì, lì davanti ai miei cazzo di occhi e potevo farla mia. Cazzo se potevo. Il problema, però, insorse poco dopo.
Non era da sola.
Un suo amico, che all'epoca pensavo fosse il suo nuovo ragazzo, era presente alla festa e l'avrebbe riaccompagnata a casa, avrebbe dormito con lei e l'indomani sarebbero andati assieme al mare.
Il tizio, tale Gianmarco, non era neanche malaccio. Anzi. Moro, abbronzato, camicia sbottonata e sandali, rideva e scherzava un po' con tutti, sembrava un tipo alla mano, abbastanza carismatico... Era solare; guardarlo destreggiarsi tra le persone, ballare, salutare Ginevra e assicurarsi che stesse andando tutto bene... metteva di buon umore. Quindi, perchè non pensare che fosse il suo uomo?
Lei gli sorrideva sempre, ad un certo punto della serata ricordo, mi prese per mano e mi fece: Andiamo a prendere Giammy, portiamolo qui con noi ! Dai che facciamo festa, Ned !
Alla fine Ginevra si era appena mollata col ragazzo con cui aveva condiviso due anni di una relazione così malsana e carnale, era più che scontato che cercasse per contrappasso un uomo che la facesse sorridere e divertirsi.
E quello, quello era più Gianmarco che il sottoscritto. Io non sono mai stato incredibile nel mettere il buon umore o nel fare il festaiolo della situazione... sono sempre stato un po' più ... Indie, alternativo... Sai, un po' sulle mie, sulle cose... strane. Io leggevo Nietzsche a testa in giù con una ragazza di nome Lorenza, non mi sarei mai sognato di abbracciare venti persone diverse e farci la foto assieme al mare.
Insomma, Gianmarco era l'uomo giusto per Ginevra, eppure, successe qualcosa di strano, qualcosa di... molto strano.
Ginevra aveva esagerato con gli alcolici e verso le due di notte, non si reggeva in piedi. Farfugliava, sbatteva contro le persone, rideva sguaiata a caso e poi, bè, poi vomitava, ma fortuna che la sabbia copriva ogni traccia. Mi rifiutavo di vedere il vomito di Ginevra, sono una di quelle persone che è ancora convinto che le ragazze facciano la cacca rosa e profumata, insomma, non voglio interrompermi l'immagine celestiale che ho di quella donna o dell'altra. Quindi, giravo la faccia ogni volta che Ginevra stomacava per terra... Tutavia non mi disturbava vederla così ubriaca: ne ero così perso, che a dirla tutta, se non fosse stato per Gianmarco, avrei avuto un'erezione. Sì, proprio una vera e dura erezione. Le ragazze sfatte, quelle col mascara che cola e dona quella profondità malsana ai loro occhi cerbiatti, mi danno quella sensazione di sesso selvaggio e spinto: come se le sentissi godere a denti stretti, con la saliva che cola dalle mie labbra alle loro, la pelle arrossata di segni e grida a richiederne ancora, e ancora, con più forza, più violenza, più voglia di mordere e strappare la carne dal mio corpo.
Ecco, Ginevra in quel momento, stava iniziando a diventare nella mia mente, nuda e chinata a gambe spalancate e mi stava chiamando, faceva cenno con due dita di avvicinarmi, sussurrava maliziosa: ' Scopami, Ned. '
Però, la folla attorno a me, il suo amico che pensavo fosse il suo uomo, il fatto che vomitasse, furono tutti fattori che tennero a freno la mia erezione e mi tolsero ogni pensiero erotico dalla testa.
Eppure, il Fato aveva fatto in modo che le cose si evolvessero in modi ancora più assurdi e scarlatti, come se, la mia vita, fosse un film che non doveva essere così scontato, ma anzi appassionare fino all'ultimo minuto.
Come già scrissi, non baciai Ginevra quella notte. Però...
Gianmarco da solo non poteva guidare in macchina e tenere a bada Ginevra per riportarla nella sua ' casa-palafitta-villa di lusso sul mare- quel cazzo che era quell'abitazione strana ' e quindi, chiese a me di accompagnarlo e controllare che Ginevra non vomitasse sui sedili.
Mentre Giammy guidava sulla strada sterrata e deserta, Ginevra, in totale confusione e mancanza di forze, appoggiò la sua mano tra i miei pantaloni stretti e cadde distratta con le labbra sul mio collo. Fu fortuito, inconscio forse, ma il suo odore... quel profumo così dolce ma delicato, riesco ancora a ricordarlo, come se fosse qui e annusassi ancora i suoi capelli. La scostai con delicatezza, non sono tipo che si approfitta di donne ridotte in quelle condizioni, ma le strinsi le spalle attorno a me, le accarezzai il viso, come se tenessi tra le braccia una cosa preziosa e fragile. Non lo feci con troppa sensualità, altrimenti cosa avrebbe pensato Gianmarco? Fui più un padre, un fratello maggiore.
Arrivati a casa di Ginevra, i suoi genitori, avvisati da Gianmarco, la aspettarono impazienti sull'uscio di casa.
Non la sgridarono, anche perchè era inutile sgridare una persona che il giorno dopo si sarebbe dimenticata tutto l'accaduto, si limitarono a qualche esclamazione di arrabbiatura e a chiederle se volesse una tisana o un te caldo. Lasciata Ginevra a casa, mi avviai verso la macchina di Giammy con sconforto e amarezza, ormai avevo capito di quanto fossi stato scemo per credere che Ginevra sarebbe stata mia, ma avendoci già fatto l'abitudine al ' rifiuto ' nei miei confronti, me ne feci una ragione quasi ' scontata ' e mi preparai al ritorno al mio villaggio. Stavo allacciandomi la cintura...E poi...
La voce di Flora, la mamma di Ginevra, mi chiamò.
" Ned, vieni un attimo per piacere. Scusami tesoro, vieni un secondo! "
- Arrivo Giammy, aspetta.
Quando tornai alla macchina, raccontai a Giammy del perchè della mia assenza prolungata.
" Gianmarco, va pure. Io devo restare qui con Ginevra. "
Ginevra chiedeva di me, nei suoi deliri alcolici e nel suo malessere, chiedeva dove fossi e se potessi starle vicino.
- In quel momento, avevo capito che Gianmarco era solo un grande amico di Ginevra e finalmente, respirai quella sensazione di vittoria e soddisfazione, come di chi si rende conto, che le cose non sono brutte come le aveva immaginate. Solo un amico,eh? Solo un amico. Niente poteva rendermi più felice. -
Il padre, vedendomi forse come un grande ragazzo dalla testa sulla spalle, mi invitò a dormire con Ginevra nel secondo letto della stanza, si scusò persino del disturbo e mi promise una ricompensa l'indomani.
Fui così sorpreso, che mi venne quasi da ridere. Ovviamente finsi che avevo degli impegni, che dovevo tornare urgentemente da mia mamma che stava in pensiero, che non volevo intromettermi in una casa non mia e cose di circostanza, ma dentro di me, potevo fare i salti di gioia ! Ci potevo credere? No, era assurdo! Un vero colpo di fortuna.
Non mi misi nel letto con lei, non potevo certo farlo coi suoi genitori appena conosciuti, distanti di qualche metro quadrato, però la guardai: Si era addormentata tenendomi la mano in modo così naturale e infantile... e il pigiama addosso al suo fragile corpo, si era scoperto lungo tutto l'ombelico. Il suo ventre, brillava nel chiarore delle stelle, come fosse un sottile e sensuale serpente dai colori soffusi.
Mi eccitai, ma mi infilai nel letto evitando di dare il sopravvento ai miei ormoni impazziti. Non potevo certo fare altro. Durante la notte, avevo quasi l'istinto di alzarmi e spiarla un po'. Era diventato quasi impossibile resistere al toccare quella pelle così liscia e morbida. Cercai uno stupido pretesto, mi avvicinai al suo letto e poggiai le mie dita attorno al suo ombelico, le passai tutte attorno e feci dei piccoli cerchi concentrici. La accarezzai ancora per qualche secondo, poi le chiesi : ' Ginevra, tutto bene? Stai meglio? ' .
Dormiva profondamente, non mi dispiacque, il solo toccarla mi aveva dato brividi lungo tutta la schiena e mi andava bene, era già un traguardo.
Tornai nel mio di letto e rigirai il cuscino dal lato più fresco.
Sentii qualcosa di duro nella tasca dei miei shirt, non era il mio pisello e quindi controllai.
Il cellulare?
Caspita me ne ero totalmente dimenticato! Mi ero persino scordato di avvisare mia madre del mancato ritorno, non mi era neanche passato per l'anticamera del cervello. Dalla festa in spiaggia, non l'avevo tirato fuori dalla tasca neanche una volta. Ero troppo preso a guardare Ginevra e le sue gambe sottili, le sue scollature, sentire i suoi discorsi, capire i suoi interessi... Come se avessi conosciuto davvero Ginevra solo quella notte. Prima era la ragazza del Wallas, prima neanche ci facevo caso al conoscerla un po' meglio, invece ora, era così tanto al centro dei miei pensieri da avermi fatto dimenticare persino di chiamare mia madre.
Vidi un messaggio delle 11.30.
Alessandro.
--- Ned, non ti sei scopato Ginevra vero ? ---
In quel momento, i brividi, mi scorsero lungo la schiena e mi bloccarono come una statua di cera. Stavo sudando, avevo paura. Era come se, in qualche modo, Alessandro fosse dentro la mia testa. Ci separavano più di cento chilometri, eppure, sentivo il suo affannoso respiro di fianco. Mi sentivo osservato, messo alla prova, spiato. Perchè quella domanda così casuale? Come poteva sapere che io e Ginevra ci eravamo visti? Com'era possibile? Forse Gianmarco gli aveva detto qualcosa? Ginevra però non me l'ero certo scopata!
Almeno...
per ora.

- fine parte 4 -

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La straordinaria storia di Sir.Artur.Wallas - Parte 3 -

Quel giorno, quel lontano giorno di quasi quattro estati fa, io rischiai la vita.
Avevo una porta blindata a proteggermi, ma sapevo, che sarei morto appena avessi messo piede fuori. Lui avrebbe aspettato, non importa quanto tempo, non importa se non mi avesse trovato subito, non importa se fosse passato un anno intero, lui un giorno mi avrebbe trovato sui marciapiedi comuni. E lì, senza una porta a proteggermi, mi avrebbe ucciso. E me lo meritavo.
A dirla tutta, non è stata neanche la prima volta in cui io meritassi di morire. Meriterei di morire spesso per quello che faccio, probabilmente mi salva il fatto di non essere ' cattivo ' : di non fare ciò che faccio per il gusto di far del male, ma solo per uno spropositato egoismo, misto a qualche sbronza un po' troppo forte... E' che non mi regolo. Nè con l'alcool, nè con il resto. Non mi regolo per nulla, quindi possiamo supporre che rischi spesso la mia vita, o per lo meno, che tante persone abbiano motivo di volermi staccare il collo...
Però, in quegli anni, il Wallas era il mio migliore amico. Non era uno qualunque che voleva vendicarsi. Era qualcuno che contava, era una persona a me cara e tanto mi sentivo in colpa, quanto facevo di tutto pur di non raccontare della mia morte imminente: Se avessi detto ai miei amici che il Wallas voleva farmi fuori, sarebbero intervenuti per evitarlo. Magari l'avrebbero persino picchiato. Io ero fin troppo in torto per difendermi o trovare qualcuno che lo facesse al posto mio.
Alla fine, gli avevo rubato Ginevra. Ginevra era l'unica cosa bella che avesse mai avuto in tutta la sua esistenza.
A distanza di quattro anni, non c'è un giorno, in cui lui non la rievochi nei suoi malinconici discorsi. L'ho visto piangere davvero, come una foglia fragile priva ormai di ogni virilità. " Io non riuscirò mai più a trovare qualcuno come lei. " Erano parole vere.
Ed io ero un assassino che aveva ucciso l'unica cosa che lo rendesse felice, l'avevo strappata e gettata in un posto colmo di ricordi ... Quel posto lontano in cui si può tornare a recuperare i vecchi giochi, le vecchie foto sbiadite, ma si trovano ormai rotte, disintegrate... Quella rottura che non si può riparare, che neanche l'attack riesce ad aggiustare. Vedrai sempre una spaccatura, vedrai sempre che un giorno, qualcuno o qualcosa, ha deciso di privartene, per sempre.
Aveva ragione a volermi uccidere.
Dopo la perdita di Ginevra, il Wallas iniziò a drogarsi.
Il 20 ottobre del 2015, fu ricoverato in clinica psichiatrica.
Non ritornò più lo stesso.
Uno, Due, Tre.
Respira.
La prima volta che vidi Ginevra fu lui a presentarmela, non era neanche una vera presentazione, perchè al loro primo appuntamento decisero di uscire insieme a me e al resto della compagnia. Si diedero il primo bacio dietro un angolo e a dirla tutta, non feci nemmeno caso a Ginevra, non ricordo come fosse vestita, nemmeno dove si fosse seduta. Ricordo tutto di quella serata, tranne lei. Questo perchè anche io avevo un appuntamento, o meglio, anche io dovevo portarmi a letto una ragazza quella sera. E siccome il Wallas, almeno in quei tempi, non era fortunato con le donne, il mio cervello non reagiva a quella figura come figura femminile. Non la riconosceva, capite? Per spiegarla meglio, era come se io fossi un miliardario ed al mio migliore amico avessero appena regalato 500 euro. Ero contento per lui, ma non era una cosa che notavo. E se il destino fosse stato meno subdolo e manipolatore, se io avessi continuato ad avere tutte quelle donne e lui si fosse concentrato solo su Ginevra, probabilmente non mi sarebbe mai scattata, quell'attrazione così fatale...
Non a caso, il pensiero che Ginevra fosse terribilmente bella, coincise con il pensiero che fosse sprecata per uno come lui. Ed è qui il gioco macabro.
Sprecata per uno come lui.
Significa che in un momento della mia vita, il Wallas non era più ai miei occhi un poveretto di poco conto. Il fatto di ritenere qualcosa ' sprecato ' nelle mani altrui, determina una qualche invidia. Un'attenzione, un faro puntato. Vedevo quest'uomo come il fanale di coda di un treno di vincenti, alla rincorsa di un'immagine, di un'identità, alla continua ricerca di qualcuno da copiare. E lui, copiava me. Prese i miei stessi vestiti, andò dal mio stesso parrucchiere e comprò il mio stesso telefono con tanto di cover abbinata, per non parlare di come copiava le mie battute e i miei modi di pormi.
Però un giorno, le sue scarpe erano diverse. E così il suo orologio, i suoi capelli e il suo saluto. Aveva conosciuto Edoardo ed il mondo dei Pr. Ed Io? Io cos'ero diventato per lui? Non ero più il suo modello, neanche un punto di riferimento, tantomeno il capo branco da seguire. Fu allora che iniziai a capire, che in qualche modo, era diventato un mio rivale, che forse, per quanto incredibile, avrebbe potuto prendere il mio posto, avrebbe potuto... Superarmi!? E dentro di me, non potevo certo sopportarlo. A furia di guardarlo, di prenderlo in giro per il suo nuovo modo di essere, di prendermene gioco osservandolo agire in quella nuova società pulsante, io ero diventato nient'altro che uno spettatore del suo film. Guardavo la sua vita, trascurando la mia. Io osservavo lui nello specchio, senza più chiedermi che faccia avessi. Fu lui, a rendermi suo schiavo e non me n'ero neanche accorto. Lo seguivo, andavo a ballare sempre con lui, portavo le mie donne nei posti che mi faceva conoscere lui, mi faceva scoprire nuove app per il telefono, nuove tendenze, nuovi cocktail che avrei bevuto io stesso poco dopo. Esattamente come lui.
Lentamente, stavo diventando la sua copia spudorata. La copia di chi copia, non c'era cosa peggiore.
Le donne, girano attorno all'alfa, non all'alievo.
Ben presto fui io, a guardarlo limonarsi donne invidiabili e fu lui, a non curarsi delle mie, che gli presentavo quasi in cerca d'approvazione. Si era tutto esattamente e completamente ribaltato.
Tradiva Ginevra, nonostante fosse quel tipo di donna che avrebbe dovuto tenersi stretto per quanto lo rendeva fottutamente fortunato, come io tradivo Chiara anni prima. Come quando Wallas, dopo una mia stronzata a cui ridevo sopra beffardo, mi consigliava arrabbiato : " Non tradire Chiara, non ne troverai una così. Cazzo Ned, non vedi quanto sei fortunato ? "
Ecco quando iniziai a vedere la sagoma di Ginevra: quando la vidi accovacciata in strada, con il viso tra le gambe bagnate di lacrime, non faceva neanche rumore, piangeva in silenzio. Alzò gli occhi e le uscì solo un mugugno disperato : " Riportami Alessandro. " - Nome vero del Wallas. Mentre andai a cercarlo, come un cane segue le tracce del padrone, iniziai a chiedermi come sarebbe stato abbracciarla, che calore avesse addosso, se era davvero così brava a letto come mi raccontava il mio amico. Iniziai a farmi i primi film mentali, film che presto divennero più lunghi e intensi. Non era più solo la sua pelle la protagonista delle mie immagini, arrivai al punto di fantasticare su ipotetiche uscite, su frequentazioni di pochi giorni, su piccole avventure passate assieme... Come sarebbe stato un ' Ti amo ' detto dalle labbra di Ginevra ?
Quello, fu il momento in cui non sarei più potuto tornare indietro.
Nel mio carattere, quello di ogni cazzo di leone che si rispetti, come lei d'altronde, non c'è spazio per il rimpianto. In qualche maniera, dovevo ottenere ciò che avevo tanto sognato; se era vero che iniziavo a provare qualcosa per lei, allora, l'avrei fatta mia. Le avrei fatto dire quelle parole, sarei riuscito a dare forma e corpo a quello che poteva essermi vero solo durante le mie fantasie  Avevo immaginato la sua voce che affermava di amarmi e così sarebbe dovuto essere. L'avrei reso reale, ancora una volta!
Non sapevo se fossi l'uomo che poteva piacerle, però.
L'unico indizio dato, non era dei più rosei.
Io e lei non ci parlavamo quasi mai, ero io a tenere le distanze proprio perchè in qualche modo combattevo con le mie voglie crescenti e i miei desideri segreti. Se non ci avessi parlato, allora sarei riuscito a tenermi a freno, o così pensavo... Purtroppo però, le situazioni in cui lei veniva abbandonata come uno straccio per strada, le litigate crescenti col Wallas, la sua rabbia che sfociava in una magnifica tristezza, il vedere il mio amico farsi palpare il sedere ubriaco da qualche puttanella occasionale... l'emulazione di Edoardo, il mio trascurarmi sempre in modo più evidente.... Tutto mi portava a continuare a guardarla come incantato e incuriosito. E ogni giorno, notavo un dettaglio in più sul suo viso, sulla sua schiena scoperta, sulle sue mani dolci. Non riuscivo più a non notarla. Ci avevo provato, ma mi era ormai impossibile.
L'indizio comunque, era il seguente: una Domenica di Giugno, il Wallas, durante una cena tra vecchi compagni di scuola, se ne uscì così : " Oh Ned,và che mica piaci a tutte, eh ! Anzi, Ginevra ha detto che sei proprio un cesso ! "
Ci rimasi male, anche se reagì con la tipica indifferenza di chi fa finta di non curarsene. E nessuno sospettava di me, avevo comunque tante ragazze a corrermi dietro smanianti di avermi, quindi nessuno poteva immaginare che io mi sarei mai posto il problema di piacere a Ginevra.
Risposi : " Capirai che perdita, fortunatamente piaccio a gente di ben altro livello! "
Eppure, per come andranno le cose, sono convinto che il Wallas lo sapesse, per qualche strana ragione, lui, aveva capito.
In ogni caso, all'epoca dei fatti narrati, ci credetti. Eccome se ci credetti. Le uniche volte in cui Ginevra mi rivolgeva la parola erano per chiedermi del suo uomo e di come si comportasse. Non avevamo contatto fisico e a noi leoni piace da impazzire toccare l'altra persona. Inoltre, considerando che stava con un tipo di ragazzo così diverso da me, mi sembrava abbastanza plausibile che ciò che mi avesse riferito il Wallas fosse la pura realtà.
Lentamente, iniziai a dimenticarla con rammarico. La scostai dalle mie fantasie inespresse, evitai di pensarci e di sentirla nominare, non ebbi più un orgasmo immaginandomi la sua soffice bocca. Me n'ero fatto una ragione, ed era giusto così. Anzi, era perfetto così. Per me e per lui. Eppure…
Destino crudele. Destino crudele e giullare. Destino come Cupido sotto le vesti di Ade -
In un caldo Agosto di cinque anni fa, durante una mia vacanza in Toscana, qualcuno urtò contro di me in una spiaggiata di proporzioni paragonabili a quelle di un Rave.
C'erano tante persone, così numerose da non poterle neanche guardare tutte. Prima, arrivò la vista dei riccioli biondi e lunghi, poi gli occhi verdastri.
" Ciao Ned! Anche tu qui ? "
" Ciao Ginevra ! Cazzo assurdo come stai ? "
" Un po' così. Quel coglione di Ale mi ha mollata per un'altra. "
Era la mia estate, eravamo in un angolo sperduto su una spiaggia lontana, ero euforico e con i piedi scalzi nella sabbia, ero divertito e abbronzato, c'era un falò caldo e scintillante... era solo una cazzo di estate,no? Alla fine… perchè non dirlo… perchè… perchè no? Avevo un mojito, c'era il mare e le onde fresche, gli scogli immensi e brillanti, quelle urla di felicità, quel bar tra le palme, il cielo pieno di stelle cadenti ! Era solo.... solo un'estate.... Perchè non dirlo? Solo... un'estate....perchè. Perchè non farlo !?
" Hey Ginevra! Ti va...di berci qualcosa? "
Il mondo, quella notte, collassò su sè stesso e non smise più di distruggerci, l'uno dopo l'altro. 

- Fine parte 3 -

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Drops & Time

​È l'una, fuori piove e lui ha terminato il suo compito, è fradicio e stanco ma continua a sfidare il suo destino. È in cerca di una casa.. della Sua casa.. Non è il freddo a fermarlo non è la pioggia a ostacolare i suoi passi, non è la paura ad annebbiare il suo sguardo.. anzi in realtà adesso nulla può fermare l'innaturale cambiamento del suo fato, è Lui, lui e nessun'altro a camminare. È l'una e tredici e lui si guarda intorno, decide di entrare, nulla è con Lui e ormai nulla e contro di Lui, allora entra. Spinto dal sesto senso e dall'incoscente sicurezza di un vincitore mette la mano sul pomello e con un gesto degno di un ladro entra. È l'una e trenta e Lui La guarda dormire sensa rompere il silenzio soave delle gocce di pioggia che si infrandono sul ciglio delle imposte.. Lui è in piedi, l'aria vibra e il tempo muta assieme al pensiero che Lei Lo stia sognando. È mezzanotte, Lui siede ai piedi del letto e Le da le spalle mentre poggia il capo all'estremità del letto, non vuole svegliarLa. È nuovamente l'una e Lui è assieme a lei, finalmente i due sognano insieme mentre le note del silenzio continuano a suonare, la mente non è altrove. La sua mente è statica adesso, è immutevole nei confronti del futuro e così si fa abbracciare da Morfeo che lo accompagna nell'io di Colei che è accanto a Lui. I due si guardano il Suo sguardo è sereno.. la sta abbracciano col suo sorriso, Lei è ammaliata da quel sorriso, ma i due restano immobili e questo non basta. Lui fugge, si sveglia, sono le quattro e trenta e la pioggia smette, aspetta il sole Lui. Vuole farlo! Vuole porre fine alla stacità del sui pianto, vuole stringerla vuole toccarla e prendersi ciò che adesso può essere parte del suo cuore. Sono le 5, si avvicina a Lei.. Distente il breccio verso il suo viso e Le sfiora il collo, comincia a muovere il polso verso li suo viso e le sfiora le guance. Sono le sei, si sveglia. Il suo sguardo è identico a prima.. traspare impotenza silenzio e Lui si avvicina la sta guardando, sorride, rompe il silenzio, parla. Sono le sei e tredici, pronuncia le parole " Buongiorno, è finita". Lei capisce.. piange di nuovo.. Ma la sua mano gli tocca la spalla, le lacrime cessano, l'alba sorge lenta attraverso i loro occhi, Lei fissa la propria mano.. e porge l'altra a Lui. I due si avvicinano i loro occhi sono focalizzati.. i due si baciano. Sono le sei e mezzo del mattino, il sole sorge.

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