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"It doesn't matter what you do, as soon as you do it with Passion.."

Esercizio di Stile.

- Nota dello Scrittore : Questo è un esercizio, una prova, un algoritmo che conosco e ogni tanto voglio rispolverare... L'inflessione di Murakami sul mio stile di scrittura, ha portato a semplificarmi nel lessico, nella messa in pagina, nel come racconto determinati fatti ed eventi in prima persona... Simili a flussi di coscienza di Joyce, in cui la semplicità è in realtà frutto di una ricerca ben più complessa, rinchiusa in crisalidi e sfumature di lettura, e che racchiude definizioni più forti di quelle puramente ' belle da leggere, perchè scritte bene ' .
Per tanto, ho deciso di rimettermi la sigaretta in bocca e rispolverare la macchina da scrivere, solo per dimostrare, che sono ancora in grado di farlo. -

Kayn strofinò il suo cappello nero impolverato dalla fuliggine dei camini di Londra e sbuffandoci sopra, lo appoggiò sulla testa.
Le sue mani puzzavano di tabacco da fiuto, ma non meno del suo fiato, ancora rigurgitante di alcool e gin secco, probabilmente, risalente a qualche sera prima...  ( Ammesso e concesso che si ricordasse l'ultima volta in cui si fosse lavato i denti. )
Diede una spolverata ai suoi vestiti, si rimise in piedi e si specchiò nell'argento laminato di una specchiera rotta, buttata giù in strada.
- Che schifo di posto - mormorò tra sè e sè.
La sua barba incolta, perdeva il contorno insieme ai suoi capelli lunghi, come trecce di cavalli dal manto scuro.
Si frugò tra le tasche strappate, alla ricerca del suo Zippo con stampato sopra la Sacra Muerte messicana. A stento si vedevano le linee del viso di quella donna, ormai diventata un ricordo di anni passati e rimpianti, sbavati e buttati laggiù, nell'argine del fiume in cui non tornavano più, i momenti migliori. Eva gliel'aveva regalato. Gliel'aveva lasciato su un comodino, al suo risveglio, con una lettera imbevuta di profumo femminile e un bacio stampato con un rossetto lilla.
' Dato che ti piace tanto fumare, ho deciso di comprarti una piccola cosa. Così, ogni volta che ti accenderai una sigaretta, ti tornerà in mente la nostra notte. '
Kayn non riusciva neanche più a ricordare che cosa significasse entrare nel corpo di un'altra donna... Ormai, ci aveva rinunciato a trovare spiegazioni logiche che avrebbero ' giustificato ' il suo fallimento come amante, come padre e come uomo. Lui si era semplicemente ' lasciato andare ', ci aveva rinunciato, gettato la spugna, si era così dannato nel provare a ricostruirsi una dignità, che oramai, la sporcizia delle strade di Londra e i ratti che la popolavano, l'avevano quasi convinto che era quello il destino a cui lui era stato predestinato.
Eppure una domanda continuava a offuscargli il sonno. Non se ne voleva proprio andare. Non importa quanto lui ci bevesse su, o quanto provasse a respingerlo di forza dentro il vuoto che assordava le sue orecchie. Lui, continuava a sentire la voce di Eva che tormentata e angosciata gli chiedeva:
' Come hai potuto guardare morire il nostro bambino? '
Dannazione. Gli stava ritornando in testa.
Tutto quel sangue sporco, raggrumato, che ancora non riusciva a lavare da sotto le unghie. Il piccolo Kevin con gli occhi azzurri pieni di lacrime e il tallone dello sceriffo Roland che calpestava i mozziconi di sigaretta avvicinandosi alla testa di suo figlio... Quel grasso bastardo che sembrava grondare sudore e merda da ogni poro della sua pelle malata....
Doveva dimenticare. Di nuovo.
Non si dimenticava mai abbastanza, non si riusciva a cancellare quella sequenza impressa su un nastro, quel mormorio e quelle mosche che annodavano il suo stomaco facendolo sentire ancora più in colpa, tanto da non pensare più, di meritarsi una vita migliore.
Si diresse a passi stanchi lungo il viale della quarantunesima strada. Coppie di giovani ragazzi passavano di fianco, ridendo sotto i baffi e facendo battutine, per niente velate, sul come fosse conciato male quello strano tipo. Beffardi, provavano anche a scattare qualche foto di nascosto a quell'uomo che sembrava la morte in persona.
Kayn non li guardava neanche. Per lui erano come fantasmi inesistenti dissolti tra il vapore dei tombini londinesi.
Era il posto perfetto per gente come quella... nelle fogne nauseanti in cui buttarci tutta la loro miserabile esistenza. Che cosa ne sapevano loro, di cosa significasse sentirsi impotenti di fronte alle barbarie di quei pazzi messicani....?
La Locanda di Zaun era sempre aperta, fedele e accogliente, come le botti di vino in vista che accoglieva all'interno. Le panche con le ragnatele, il camino che scricchiolava, i vecchi calici di birra da mezzo litro ancora sporchi e mal lavati, eppure, era come sentirsi a casa. Per Kayn, la locanda, era un rifugio, ma anche una seconda famiglia. Il buon vecchio Fred, gobbo e col sorriso sornione e quella voce così assordante... Come gli versava lui da bere, non glielo versava nessuno. E poi, era gentile. Si accontentava di quei pochi spicci che Kayn aveva raccattato durante le sue giornate a fare lavori di muratura, in nero, per qualche signore che aveva bisogno di manovalanza in giornata.
- Allora Kayn? Anche stasera si tira nottata,eh? Troppo preso tra i tuoi pensieri.... - Gridava Fred mentre passava con uno straccio ormai grigio il bancone da Bar.
- Già. - Rispose Kayn accomodandosi su uno sgabello mangiato ormai dallo scorrere del tempo....
- Fammi il solito Fred. - 
Kayn non era di molte parole, almeno non prima di tre o quattro bicchieri. Eppure, quando iniziava a parlare, sembrava trasformarsi in un'altra persona. A volte, lo potevi sentire discutere con qualche forestiero del perchè il ' Long Island ' si chiamasse così e ricordasse il colore del The, del proibizionismo e degli anni in cui il Cocktail veniva fatto passare come bevanda analcolica in thermos per studenti ; Altre volte, ti raccontava storie sul Black Jack, sull'incredibile truffa escogitata da Edward Oakley e sul come questo fosse stato bandito da tutti i casinò esistenti al mondo intero... E parlava, raccontava, spiegava, l'origine degli scacchi, l'antico gioco degli dei, le follie sanguinarie della contessa Erzsébet Báthory e persino il perchè gli Egiziani avevano l'usanza di nascondere i propri capelli....
Era un uomo che ne sapeva del mondo e ne portava i segni come aghi di bussole persi nell'eco dei mari più freddi della Groenlandia...
Kayn era intento come sempre a trangugiare la sua caraffa di vino della casa, aveva un orologio al polso, rotto e fermo all'anno 1897.
Stava giusto accarezzando il quadrante, quando un roboante rumore di porta sbattuta, destò in alto il suo sguardo.
- Scusate, per favore, ascoltatemi! Parlo male la vostra lingua, ma devo sapere se qui c'è un uomo alto e grosso dai capelli scuri che porta sempre un cappello e si fa chiamare Theodor! -
I locandieri scossero la testa ma rimasero a guardare quella donna appena entrata. Non era del luogo e non era tanto meno tipo da frequentare certi postacci.
Portava una gonna in raso dai colori brillanti e una camicetta in seta sbottonata giusto a far vedere il suo piccolo ciondolo d'oro e un minuscolo neo sotto il collo. Sembrava appartenere a qualche famiglia aristocratica, ma i suoi tacchi, sporchi di fango, facevano intuire che non era stata accompagnata di grazia da qualche galantuomo. Era proprio strano. Così bella ed elegante e così affannata e dismessa.
Fred, stava per guaire un ' No, nessuno qui si chiama cos.... '
Quando d'improvviso, Kayn, coprì la voce dell'amico chiedendo: ' Chi lo cerca? '
Fred, rimase immobile con un piatto tra le mani e l'acqua del lavandino che continuava a scorrere. Tutti fissarono Kayn, quasi come ad aspettare la battuta successiva di un film d'azione.
- Maria Elisabeth Taylor. Tu lo conosci? Tu puoi aiutarmi a trovarlo? - Chiese ansimante la strana donna.
Kayn si alzò, diede un ultimo sorso al suo calice di vino, si asciugò le labbra col bavero della giacca, poggiò dei piccoli cents sul bordo del tavolo, si diresse verso l'appendi abiti e prese il suo cappello. Poi, avvicinandosi alla porta, e scrutando attento la misteriosa fanciulla, disse:
- Credo di sì.
Io... Sono Theodor. -

Fine della prima parte.

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La Haine.

Ieri sera, mi addormento confuso e distorto, tra i sapori dell'erba dell'Eden, ripensando a quanto ho scritto e pubblicato nel mio precedente racconto.
Provo un sincero senso di disgusto e continuo a chiedermi ' Come hai fatto a scrivere così male....? '
Penso che il talento, qual'ora io l'abbia mai avuto, sia andato perso in qualche strano cassetto nella mia testa. Lì, sono finiti anche le mie qualità come Creator, video maker, Youtuber, il mio Sex Appeal e la mia fortuna con le Donne e persino l'amore per me stesso...
E' che quel cassetto... proprio non riesco a trovarlo.
Mi chiedo, dimentico, evito.... chiudo gli occhi, consapevole che domani, sarà un giorno anche peggiore.

" Il fatto che infierisci dimostra che sei Arrogante, supponente, senza onore, sfigato, frustrato quanto quello che insulti, che scopi male e poco, ma che duri 5 minuti lo sapevamo già Fra parentesi, ti ho bloccato perché oltre ad essere un cesso sei anche un povero coglionazzo che fa video per elemosinare attenzioni che nella vita non puoi ottenere dato che sei un povero fallito senza talenti. E lo sai. Non sai fare un cazzo, manco scrivere come ti piacerebbe, possono proprio solo leggerti due adolescenti sfigati ritardati perché di arte non ci capisco un cazzo. Eppure parli e bla bla bla ma poi nella vita non combini un cazzo e non arrivi da nessuna parte, chissà come mai. Chissà quanti ti prendono per il culo. Ora capisco le tue ex che te l'hanno messa nel culo, hanno fatto bene a smollarsi un poveraccio come te. Ma vai a lavorare e combina qualcosa nella vita, e fai un po' di palestra che fai cagare, svegliati. Invece di litigare col mondo con chiunque incroci chissà come mai, chissà forse la merda sei tu....! Fallito perdente. Sei patetico, ma davvero tanto. E non disturbarti a rispondere tanto sei già preistoria, block! Addio piccolo Claudio! "

Il mio risveglio è un messaggio lampeggiante sul mio schermo Retina del mio Iphone. Brilla e risuona e sgranando gli occhi, le prime parole che leggo non sono certo la miglior tazza di caffè con cui potersi svegliare in santa pace. Un'altra giornata così, penso. Forse, ancora peggio di quella precedente.
29 giorni al mio compleanno.
Mi hanno disfatto l'Ego come una matassa di fili e palline di lana con cui giocano le unghie di un gatto.
Dapprima, il fallimento con Ludovica, il sogno irrealizzato con Emma, la mia crisi pseudo artistica su Youtube, il blocco dello scrittore, il cambio di casa e infine, l'umiliante messaggio, tra i peggiori mai ricevuti in vita mia.
Shiksho.
' Merda ' come dicono negli anime giapponesi. Il suono della parola Shiksho, è pieno di disprezzo.
Tutto mi era capitato e non era la prima volta che una ragazza incattivita come un pitbull castrato, provasse a demolirmi e offendermi in qualche modo... Ma se c'era una cosa in cui non ero mai stato messo in discussione, era il Sesso ;  il mio talento, la mia natura e la mia capacità di far squirtare pressochè ogni donna venisse a letto con me, mai avevano dettato dubbi od erano stati luogo di derisione. Ora, persino questo andava svanendo nel cassetto mai trovato.
Com'è possibile? Mi gira la testa, postumi di qualche fumata di troppo. Palpitazioni, gola secca. Devo bere e riorganizzare le idee.
Mi fiondo al piano di sopra, prendo un caffè lungo Nespresso e riscendo nella mia ' sala da Sesso e giochi ', dove abitualmente passo la maggior parte del giorno. Riprendo in mano il cellulare. Rileggo. Provo a fare chiarezza.
Il messaggio è di Beatrice: una bellissima escort italiana che gratis, mi aveva chiesto di uscire con lei e di portarla a letto.
Era intrigata dalle mie ' qualità ', dal mio saperci fare e dalle perversioni di cui scrivevo e raccontavo nei miei video. Mi trovava sexy... Voleva provarmi....
Il nostro incontro è stato tutt'altro che spiacevole, mi aveva persino chiesto di rivederci e per quel che ricordo, le cose erano andate perfettamente sia per me, sia per lei, sia per il mio Ego, che lisciato come il pelo di un gatto, decantava la sua ultima conquista, a cui pochi uomini potevano accedere.
Diamine, un'escort di bellezza inaudita che viene a letto con te, gratis e ti vuole persino rivedere? Quello sì che aiutava a sentirsi meglio!
Poi, le cose, hanno preso una brutta piega da quando io, in preda ad una mia tipica serata di ' presa a male ' ho discusso con Beatrice intasandola di mie stupide paranoie, insicurezze e sfoghi di rabbia totalmente assurdi e fuori contesto. Era la mancanza di Emma a farmi reagire così. La consapevolezza che esisteva una Donna, dalle tette strette e piene, dai capelli metà biondi e metà neri, una principessa fatta di vizio, di forma, di lussuria. Una donna che ho amato e che non mi ha mai corrisposto.
Un altro viaggio conclusosi a metà, nella pesante consapevolezza, che mia, non lo sarebbe mai stata.
Ci ripensavo spesso in quel periodo e a dirla tutta, ci ripenso tutt'ora. Penso a come sarebbe stato fotterla, scoparla, dilaniarla, entrarle dentro e uscirle dallo stomaco. Volevo vederla gridare, con denti che diventavano fauci e occhi che si riempivano di rossori e guardavano in alto, persi, in un orgasmo che l'avrebbe uccisa. Eppure, Emma non l'ho mai avuta. Ci sono andato vicino, certo. Ma tra l'andarci vicino e il non averla, la differenza è l'abisso.
Ti rode? - Dicono.
Oh, no. A me brucia come ferro colato insieme al sangue.
Schizzi.
Di testa.
Di colori.
Di emozioni.
Di pensieri.
A volte gli schizzi prendono il sopravvento e mi tolgono ogni lucidità. E devo delle spiegazioni. A Sofia, A Claudia, a Beatrice. A così tante persone.... Quello che mi chiedo nel buio delle mie notti, è sempre la stessa cosa: ' Perchè, devo dare spiegazioni? Perchè devo dire ai miei fans come mai non mi vedono da mesi? Perchè Claudia non capisce come mi sento? Perchè Sofia non si scusa per quello che ha fatto? Perchè Beatrice mi invia quel messaggio? Perchè sembra che nessuno qui, capisca ME. Il mio fottuto me, il mio bastardo e sputato me! La parte peggiore che si crea, proprio per tutte queste stronzate che minano alla mia fottuta stabilità mentale. Pensate che sia facile? Non lo è affatto. Svegliati tu, ogni mattina, con la sensazione che tutto e fanculo a Dio, dico davvero TUTTO, vada nell'esatta direzione opposta che tu hai desiderato?! E di me ? Cosa diranno? Che non ci ho provato abbastanza? Che la responsabilità è la mia ? Stronzate, cazzo! Io ci ho sputato.... Andate a farvi fottere. Sono stanco di mostrare quanto male abbia subito.
E quanto ne ho fatto.... '
Alla fine, ricucio i pezzi di storia come tasselli mancanti di un puzzle di Londra. Wallas, ha scritto a Beatrice, per non so quale diavolo di motivo. Ci ha provato, gli è andata male e l'ha minacciata di morte. Sui problemi psicologici del Wallas ho già scritto una lunga storia divisa in 9 capitoli e non ho intenzione di ritornarci. Beatrice, altrettanto malata e poco lucida mentalmente, ha stupidamente pensato che io avessi organizzato tutto. Certo, mi dico. Come se io fossi un ingegnere del male che punta a demolire la vita di altre persone mediante amici o scherzetti di cattivo gusto.
Porco Dio. Quel santo Porco di Dio, che dovunque sia, mi deve delle spiegazioni! Cosa cazzo potevo c'entrare io? Come e in quale perverso modo IO, avrei anche solo voluto qualcosa di così subdolo?
Eppure, ultimamente, sembra che chiunque si sia dimenticato chi io sia, che cosa io rappresenti e del mio senso dell'onore che mai mi farebbe agire in modi così viscidi.
Chiunque si è dimenticato chi sono. Persino io, a volte, non ricordo il mio vero nome....
Provo a parlare con Beatrice. Le chiedo scusa da parte del Wallas, da parte mia, pur non c'entrando nulla... Mi abbasso e provo a raccontarle la situazione, con calma, lucidità, mostrandomi costernato e in imbarazzo per quanto successo con il mio amico. Ma le mie parole suonano vuote e finte, complici del messaggio ricevuto che mi ha ferito e gettato a terra, in tutto il ridicolo teatrino che è diventata la mia vita. Non ho forze per obiettare. Oramai, l'odio che provo verso me stesso, ha superato di gran lunga ogni mia forza di ribellarmi contro questo strano Destino, che sembra voler far di tutto pur di farmi sentire peggio di prima.
Cedo.
Perdo le forze, le speranze, la voglia di parlare.
Alla fine, mi subisco e mi cucio addosso persino i suoi insulti gratuiti. Nel vuoto, mi muovo provando a riconoscere qualcosa di famigliare, o il volto di qualcuno che sa ancora guardarmi come la cosa più bella al mondo. Ma vedo solo quadri appesi con foto mancanti.
Penso ad Emma, e vedo che ha preferito il profumo di un altro uomo adosso, piuttosto che il mio.
Penso a Claudia, e vedo che il rapporto che ci legava da anni, le è scivolato addosso come polvere su un vetro.
Penso a Sofia, e vedo una persona che per prima, più di chiunque altro, mi ha sempre trattato come un uomo mediocre e facilmente sostituibile.
Penso a Beatrice e vedo che il ' Dio del Sesso ' ora sembra ridicolo e fragile e che ha permesso ad una donna di metterlo in discussione nell'arte a lui più sua. 
Penso a Eva, Sara, Monica... A tutte quelle persone dei miei ultimi mesi, tanto rincorse e a cui sono sempre risultato così insignificante, da non riuscire neanche a lasciare un segno indelebile del mio passaggio. Il leone che sembra un gatto, nascosto sotto un ponte, che lecca le sue ferite lontano dalla commiserazione.
Penso a Ludovica, a Youtube, ai miei fans, ai miei amici, al Wallas e alle mie vacanze mai avute. Penso a tante cose. Poi mi perdo. In un altro tiro.
Perchè almeno così, mi dimenticherò del tutto di chi sono.

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La colpa di Ludovica.

​Paranoia. Ossessione. Odio verso sè stessi. Alienazione.
Guardo il mio volto allo specchio, prima di andare in onda. 1...2...3.. osservo ogni centimetro della mia pelle, ogni angolo, linea, in un'assenza di armonia che mi crea solo la nausea di ciò che ho bevuto la sera prima. Non è il non piacersi, è il farsi schifo. Mi sembro così imperfetto, così insoddisfacente, noto ogni difetto, ogni angolo delle labbra che non dovrebbe essere piegato così, ogni espressione, le faccio allo specchio come De Niro in Taxxi Driver, ma non mi convinco. Sono come un Attore che prova la messa in scena e riguardandosi stomacato, riprova la parte, ancora, infinite volte, tante che il tempo scorre e ho passato ore a guardarmi allo specchio e a toccarmi senza riconoscermi.
Il mio pubblico non deve vedermi così.
Il mio pubblico deve vedermi perfetto, come quella volta in cui tutti mi scrissero che ero bellissimo.
Eppure mi hanno visto... Almeno sei volte, dopo quel giorno. In due mesi, hanno visto il crollo scolpirsi sulla mia faccia e forse, sono pure arrivati a quel disgustoso senso di compassione nei miei confronti.
Anche ora mi dicono che sono bellissimo. Lo fanno perchè vogliono io ci creda davvero, non perchè lo credono loro. Lanciano la monetina nel mio bicchiere, costa poco, una frase, un pensiero. Ma io li noto, li conosco, osservo le loro facce pur lontane e capisco, riconosco, che io sono solo un mostro.
E allora riprendo in mano la mia camicia, la riabbottono, rimetto le mani nei capelli e compulsivamente li sistemo. Minuti che diventano ore. Occhi che diventano pesanti.
Ancora non mi piaccio, ancora non sono pronto per andare in scena. Sono ad ogni comparsa, un centimetro peggio di quella precedente. Cosa penserà di me, il mio pubblico? Si rassegnerà? Probabilmente si è già rassegnato. Non che a loro cambi molto, finchè la performance messa in scena è decente, ma a me sì. A me cambia. Cambia sapere che non ho eccitato i loro corpi, che non sono rimasto fisso nella loro testa alla fine dello spettacolo, che hanno parlato, si sono guardati e sono tornati a casa con le loro facce sul cuscino e le loro dita tra le mutande umide.
Senza desiderio, uccidi un Dio.
Non sono più in grado di attrarre, neanche se mi collego col cosmo e provo a stare e sostentare al suo bisogno. Voi, la chiamate moda , tendenza, stereotipo. E io, ho provato a seguirne qualcuno, a modificarmi e cambiarmi come un bruco che diventa farfalla inseguendo una trasformazione non mia.
Falena.
La gente odia le falene e a me stesso, fanno abbastanza schifo.
Un mostro geneticamente scorretto, un'aberrazione umana... E se pensate che questo, sia troppo per qualcuno che fa del male a sè stesso, dovreste vedere quando arrabbiato mi stringo con le unghie sulla carne, come per strapparla, dal mio viso, dal mio corpo, dai miei occhi. Vorrei solo tirarla via e rifarla come meglio credo.
Non ha funzionato niente, nessuna ricetta, rimedio, consiglio.
Sono morto ed è morto il Sesso che ispiravo, da quando lei, Ludovica, mi ha guardato per la prima volta coi suoi occhi profondi tanto da svuotarti di ciò che sei.
E' iniziato da lei. Da quando sapendo che lei mi guardava, seduta tra gli spettatori, io non ho fatto altro che pavoneggiarmi e giostrarmi provando a piacerle, un po' di più.
Non che chiedessi tanto, mi sarebbe bastato provocarle addosso l'esatta sensazione che lei faceva a me. Quale fosse, chiedete? Era quella cosa che ti capita quando incontri un uomo od una donna, talmente... stranamente... belli... da non riuscire a non guardarli, fissarli, indipendentemente dal quante persone stiano attorno, vi sfiorano o sbattono contro la vostra spalla di passaggio. Voi siete drogati, in un cerchio che si assottiglia... Posso eccitarmi anche solo guardandola bere un Drink e vedere il suo collo muoversi facendo scendere la bevanda fino allo stomaco. Io sono quel Drink, mi sento come se le stessi entrando dentro e spogliandola di ogni dettaglio. Riesco a vederla nuda, a sentire che caldo avrebbero i suoi seni stretti tra le mie mani... Eppure sono distante, non posso toccarla, ma i miei occhi, le stanno addosso e svestono la sua carne nuda.
Da quel giorno io non avevo un pubblico. Io avevo Ludovica. Le altre persone scomparivano, come inconsistenti statue di fumo e ad ogni mio spettacolo, riuscivo solo a concentrarmi su di lei e sulle reazioni del suo viso.
Ma non le piacevo, mai.
Anche quando sorrideva chinando il capo e arrossandosi le guance, teneva una distanza tale da farmi sentire piccolo ed inutile come una foglia mossa dal vento. Era gentile. Tanto da saper fingere quello che le chiedevo implicitamente. Ma io notavo la sua finzione, ogni bravo attore la nota e man mano che lei calzava e recitava il suo personaggio, io mi scordavo del mio, mi disfacevo come carta bruciata, davanti a tutti i miei spettatori.
Ero nudo anche con un maglione addosso.
E vedevano addosso l'odio che provavo per me stesso.
Il senso di impotenza mi corrose, si nutrì del bello che avevo creato e se lo portò via, buttandolo tra i piedi di Ludovica che distratta, lo calpestò ammazzandolo.
Venne ai miei ultimi spettacoli ma non si sedette più in prima fila. La vedevo sullo sfondo, vicino alla porta e anche se le luci erano abbaglianti e bruciavano le mie pupille, potevo vederla... ridere?
Rideva di me.
Fu allora che mi resi conto, che il pubblico in sala si era svuotato, le poche persone rimaste, perplesse guardavano imbarazzate la mia penosa messa in scena. Lei ci fu. Fino all'ultimo. Fino al mio ultimo solitario spettacolo.
Fui solo su un palco. Solo da sentire il freddo della sala gelarmi le ossa. Che spettacolo penoso.
Cieco e perso nella mia immagine di mostro riflessa in un vetro scheggiato, sentii i suoi tacchi risuonare sul pavimento e muoversi nella mia direzione.
Alzai lo sguardo, ma tutto ciò che vidi furono le luci accecanti ed un vestito nero con forme bellissime ed una mano con una sigaretta Clark imbevuta di rossetto.
' Ti amo. '
Fu l'unica frase che riuscii a sussurrare, poco prima di morire.
L'ultima cosa che vidi, fu il suo sorriso malizioso farsi soddisfatto. Da come arricciò le labbra, capii perfettamente cosa potesse pensare in quel momento:
' E' stato facile. '
Poi, svenni esanime a terra.
Come un usignolo che muore e ritorna Corvo, mi svegliai l'indomani attaccato a degli strani macchinari lampeggianti, bip assordanti risuonavano nelle mie orecchie e camici bianchi si spostavano come fantasmi....
Un giorno un mio amico mi disse: ' Ricordati che nonostante tutto, sei ancora vivo. Che domani ti sveglierai e sarai ancora vivo. Che anche se la notte sarà buia, sarai vivo. Finchè sei vivo, non hai motivo per stare male. '
Ero ancora vivo. Come tutte le altre volte. Ero lì e la mia testa funzionava, potevo sentirne le immagini a cui avrei dato vita ed i capolavori che ancora dovevano essere scritti. C'era malessere, ma scavandoci sotto, potevo vedere che non era morta la mia creatività. Così come la mia bellezza, che sembrava piangere come un'ombra tagliata via in un angolo, ed era arrabbiata con me e mi strillava ' Come hai potuto dimenticarti di me, per lei?! '
Allora le risposi: ' Vedi piccola ombra, il problema di noi esseri umani... è che non bastiamo mai a noi stessi. ' 

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Io, l'avrei uccisa, la cosa più innocente al mondo....L'ho fatto. Lo rifarò. Ancora. Ancora.

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Vento. -

Ripartire dal vento. Fischia; forte e imperturbabile sugli infissi delle finestre, batte contro automobili e trascina polvere primaverile, polline, odori e umori sparsi per questo postaccio. Fa un freddo fottuto, devo tenermi le mani in tasca e scaldarmele sbuffandoci sopra ogni tanto... Il Vento così forte mi causa un profondo mal di testa. Sento le tempie gelarsi e confondersi in uno spazio di pensieri, irritazioni, stupidi doveri che si insinuano come un tarlo e picchiano la mia testa spiattellandola contro un muro. Fanculo.
Oh sì, Fanculo.
Fanculo con così tanta forza e impeto che gridarlo non sarebbe abbastanza, vorrei sbraitarlo, sputarlo, vomitarlo e lanciarmici in mezzo.
Un bellissimo vaffanculo cosmico.
Una masturbazione ossessiva di vaffanculi cosmici.
' Devi tornare a scrivere, non stai scrivendo ' mi bacchetta Luca.
E' un dovere la scrittura?
Dove sta 'scritto' ? Ho firmato? Ho pattuito qualcosa o c'è qualche clausola in chissà che contratto, magari posta in una piccola postilla a fin di pagina... Una di quelle che hai bisogno degli occhiali per leggerle e sembrano sbavature d'inchiostro stampato.
Devo scrivere. Categorico. Ancora mi sfugge chi me l'abbia imposto...
Crescendo ho imparato che le nostre passioni, hobbies, momenti di libertà, diventano impegni stressanti che ti mettono nella condizione di farli, o non farli e sentirti poi di aver quasi sbagliato nei confronti di te stesso.
Si, perchè è come per la danza. Prendiamo ad esempio una ragazzina che fin da bambina sogna di diventare ballerina e viene mandata dai suoi genitori adorabili e benestanti, in una scuola di ballo di tutto rispetto. Dopo dieci anni la ritroverete a imbottirsi di pillole dimagranti, guardarsi le costole e sentirsi imperfetta, avere l'ansia addosso di essere stata l'ennesimo fallimento imbarazzante durante la sua lezione ; ed essersi subita l'ennesimo rimprovero della sua insegnante che più che essere cortese e comprensiva, non fa altro che farla sentire più sbagliata, più imperfetta, più sgraziata. Più come un maiale, che come un cigno.
E allora io prenderei quella ragazza poggiandole due dita sul mento, le farei alzare la testa e lo sguardo pieno di odio nei confronti di sè stessa e le chiederei, sfidandola ad accettarsi:
' E questa... è una passione o una condanna? '
Già. Questo è crescere con una passione. Una libertà che finirà per ingabbiarti come tutto il resto della tua vita. Non sarà diverso da un lavoro, anzi sarà peggio, perchè quelli come me o quella ragazza, non potranno permettersi di essere ' accettabili ' e di aver prodotto risultati ' sufficienti ' ; Non è sopravvivenza, non è chiudere la propria ventiquattrore e rendersi conto che la giornata è passata e ora ci si può snodare la cravatta e sedersi a cena a tavola mangiando la pasta che nostra moglie ci ha preparato.
No.
Quando uno crea, ama... Non può perdonarsi di aver fatto qualcosa di riuscito a metà.
E' come essere maniaci, compulsivi, ossessionati dalle perfezioni delle righe su cui scriviamo contro i nostri fogli.
Il Capo mi chiama, con voce forte e autoritaria.
' Claudio, ritorna a lavorare. '
Potrei continuare dopo. Salvarmi la bozza e ripescare con tranquillità il mio scritto e risputarci sopra nuove cose.
Perchè volete trovare il punto. Volete il finale e il proseguimento.
Ma sapete che c'è?
Il Vento porterà via anche le ultime parole rimaste concatenate solo tra la mia testa e il mio polso.
Voi non capirete, non capirete mai. Non capirete un cazzo.
Perchè voi vivete vuoti e privi di ogni elettrico pelo che si staglia contro il grigiore della metropoli.
Voi non sapete neanche che sapore abbia, il vento.
Inodore, incolore, inesistente.
Devo scrivere.
' Tu devi scrivere. '
Cosa scrivo, se le punte dei miei piedi sono storte mentre ballo?!

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