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"It doesn't matter what you do, as soon as you do it with Passion.."

LA TUA INUTILE VITA

Medi del cazzo... Vivono rinchiusi nella loro miserabile scatola senza neanche un buco per l ossigeno. Una vita basata sul nulla. Giornate vuote trascorse a fissare i 15 spot pubblicitari che il loro banale programma preferito trasmette in prima serata tutti i martedì sera, con le sue 4 pubblicità da 10 minuti l'una nonostante il programma ne duri solamente 30. Una testa imbottita di puttanate sfornate da riviste di basso livello. Una testa stracolma di tutto ciò che il sistema desidera spammare in giro tramite mass-media e cartelloni pubblicitari sparsi per citta, cartelloni di 20m con donne seminude in atteggiamenti non consoni ad un ambiente pubblico, cartelloni posti difronte a scuole materne, cartelloni che iniziano a forgiare il loro prezioso cittadino medio sin dalla tenera età. Ma il medio del cazzo non nota tutto ciò, anzi, ne è felice. Alla vista di una ragazza in intimo tutto passa in secondo piano, tutto scende di importanza. Non importa, ad esempio, con quanto impegno e dedizione un regista faccia uscire il proprio film, non importa quale sia il messaggio o quanto sia culturalmente utile la vista di quel capolavoro; tutto quel lavoro verrà devastato dalla forza della banalità con l'uscita dell'ennesimo film natalizio italiano: parolacce, dialetto, tette; uguale, record di incassi. E riguardo a voi, poveri diavoli; voi che andate a guardare il vero film? Siete solo degli sprovveduti. Perdere tempo a guardare un film di 3 ore, e magari devi anche stare attento alla trama dato che devi scervellarti per capirlo. Che imbecilli. Ti guardi un film simile e non c'è neppure una donna nuda o una scena di sesso! Ma fatemi il cazzo di piacere!

Quanto sarebbe piacevole e soddisfacente essere un medio. Una vita piatta, sempre uguale; una routine giornaliera che dà sicurezza, che ti culla, senza la quale saresti perso. Una routine che però non hai ideato te ma ti è stata imposta da qualcun'altro. La mattina ti svegli, ti lavi i denti con il nuovo spazzolino da 9 euro visto in televisione; ti vesti con la solita camicia stirata male, camicia che un intenditore noterebbe subito esser una scarsa imitazione di un marchio famoso, difetto che il tuo povero occhio offuscato non percepisce. Aggiustato il nodo alla cravatta e messo il tuo Rolex che sei così orgoglioso di ostentare in giro, ma che hai comprato dopo anni di risparmi e pane ed acqua, sei pronto; saluti tua moglie disoccupata che accompagna i tuoi due figli a scuola; figli con appioppati nomi banali trascinati dietro da generazioni dato che tutta la tua famiglia assegna ai figli i nomi dei propri nonni. Prima di recarti al lavoro passi al solito bar vicino casa, prendi il tuo cappuccino che credi esser il migliore della città; in verità lo dici soltanto perché non conosci nessun altro posto (credo che anche se ne conoscessi un altro non sapresti riconoscere la differenza di qualità. Le tue papille gustative, del resto, sono state pian piano disintegrate a furia di venire a contatto con quelle cotolette surgelate e preconfezionate, preparate con carni scadute frullate e rielaborate con l ausilio di ammoniaca e robaccia simile). Terminato il fantomatico cappuccino saluti i tre vecchi che passano il loro scarso tempo rimasto in quella topaia, lasci una mancia alla giovane barista straniera, regina dei tuoi terribili sogni piu reconditi, e te ne vai facendole l occhiolino sperando che lei ricambi. Arrivi in ufficio e svolgi i tuoi compiti da bravo schiavett...emm, lavoratore. Stacchi alle 7 di sera, stai morendo di fame dato che la tua amata cotoletta surgelata riscaldata al microonde non ti sazia mai, continui però a comprarla perché fa parte della tua monotonia, fa ormai parte di te. Arrivi a casa, giusto in tempo per il tuo programma preferito. Saluti tua moglie con un grido, senza nemmeno sfiorarla e ti catapulti sul divano togliendoti la cravatta e sbottonandoti la camicia marchiata dalle gore di sudore, mostrando la tua poco sensuale canottiera che tua madre da piccolo ti ha insegnato ad indossare, senza la quale ti senti: incustodito; come se il calore dell'indumento fosse lo stesso di quello emanato dall'affettuoso abbraccio della cara mammina che ti ha allattato fino all'età 3 anni creando nel tuo subconscio complessi di inferiorità ed infantilismo.

Ti godi il programma, incitando tua moglie a portarti velocemente la cena, ricordandole di quanto tu sia stanco ed affaticato, facendola sentire in colpa per non avere un lavoro e per non aver cucinato prima del tuo arrivo, facendola sentire una cattiva moglie inferiore al marito. Lei mette a letto i due bambini, dei quali ti sei dimenticato per i 30 minuti di durata del programma, e poi si reca nella vostra camera; la sta aspettando il mediocre romanzo d'amore che tutte le sue amichette del club delle casalinghe annoiate hanno letto rimanendone sbalordite (in realtà non è altro che il solito copiaticcio del quale non se ne può più. Un libro il cui unico scopo può esser quello di alimentare un fuoco di gennaio). Termina il programma e contemporaneamente termini la tua cena a base di fettine di capocollo alla griglia, una mela ed un bicchiere del vino meno costoso comperato nel supermercato di turno. Anche se fosse stato uno Château Margaux del 2009 dubito avresti notato la differenza,

Ora sei pronto per andare in camera, metti il pigiama, riponi i vestiti sulla sedia difronte alla scrivania perché sei troppo pigro per piegarli, guardi un istante tua moglie cercando di invogliarla con uno sguardo a tenerti compagnia. Però, non ottieni nulla, come tutte le sere; questa sera lei sta male, la sera prima era stanca, quella prima ancora aveva le sue cose…La verità è che sei noioso nella vita quotidiana come lo sei a letto e quindi lei preferisce dormire piuttosto che impegnarsi a fingere. Così ti sistemi il cuscino e ti sdrai appoggiato sul fianco sinistro fissando il comodino fino a quando l amata mogliettina non termina la lettura del suo fantastico romanzo e spenge la luce. A quel punto pian piano ti addormenti. La mattina seguente la sveglia suona alle 7:15, ricomincia il circolo vizioso della banalità.

Infondo ti invidio. Si, esatto, ti invidio. Invidio il fatto che non ti interesserai mai di politica risparmiandoti ansia ed emicrania, invidio il fatto che non passerai mai tempo a leggere un libro complesso o a guardare un film colmo di citazioni ed intrecci; invidio persino il fatto che non ti renderai mai conto di ciò che ti circonda e di ciò che accade di atroce nel mondo. Invidio la tua mentalità, così ristretta che non sentirai mai il bisogno di nulla che non sia al di fuori della tua portata. Invidio te e la tua ridicola felicità, fondata sul nulla. Invidio te e la tua inutile vita.i...

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IL TEMPO DELLA MASCHERA

Eccoci, è arrivato un altro Natale. Ci apprestiamo a preparare il solito pranzo natalizio dove tutti i parenti si incontrano allegramente e dove tutti sono felici ed altruisti. Ci si prepara prima dell'evento, si indossa la tipica maschera natalizia, si addobba l albero con il solito sorriso stampato in faccia, si comprano i regali per tutte le persone di cui ti sei dimenticato nel tempo trascorso dal natale passato, e sei pronto. Tavola apparecchiata, colori classici che richiamano la tipica e naturale felicità natalizia, rosso su oro. Entrano pian piano gli ospiti, tutti con la stessa maschera, tutti emanano lo stesso putrido odore natalizio, un odore disgustoso trascinato dietro per tutta la giornata a causa di quella maschera lurida chiusa in una scatola per 364 giorni, tirata fuori per l evento. Non ci si prende neanche la briga di pulirla, tanto entro le 24 ore andrà ancora a decomporsi dentro il dimenticatoio. Inizia il gradevole pranzo. Iniziano i discorsi. Mia madre che parla di quanto abbia cucinato i giorni precedenti in cerca di lusinghe e complimenti da parte degli ospiti che dovranno per forza apparire più sinceri possibile nell'elargire complimenti. I nonni che richiamano alla memoria gli stessi eventi richiamati il pranzo natalizio precedente e quello prima ancora; al termine di ogni storia tutti ridono, del resto la storia era simpatica la prima volta e così deve rimanere nel tempo; intatta, come l espressione incisa su quella dannata e subdola maschera. Si consuma il pasto, tutto procede come da copione, grasse risate, brindisi. In continuazione si sente dire ''Io sono sazio, ma…ma c'è ancora altro cibo? Ma quanto hai cucinato? ahahah'' e di nuovo si ricade sui complimenti. Al termine del noioso e monotono pranzo non può mancare il ringraziamento alla cuoca, via con ulteriori ed eccessivi complimenti. Il tutto si corona con lo scambio dei doni. Lo scambio avviene come da rituale, si parte sempre dal regalo più insulso per poi salire di importanza. Quindi si inizia con i nonni. Il pacco viene offerto dal classico bambino fiero dell'azione che sta compiendo, carico del suo sacro perbenismo inculcatogli precedentemente nella messa di natale, piena di anziane puttane in gara per aggiudicarsi il podio di ''Vecchiaccia più gentile dell'anno''; volano banconote da 10 euro nel cestino delle offerte e giri di sguardi intimidatori fra le panche della chiesa.

La nonna prende il regalo e lo scarta. Cerca di creare all'interno del proprio animo un sentimento che si avvicini allo stupore in modo da render più semplice la farsa messa in atto per illudere gli altri individui presenti in sala ed ingannarli, così da far sembrare che il regalo sia di proprio gradimento. Ma non lo è. E' solo il solito libro dell'autore preferito che mancava all'appello.

Ringraziamenti vari, giro di baci a tutti i presenti e via con il prossimo.

Ora tocca agli zii ed ai cugini. Per loro, medesimo trattamento preconfezionato: regalo fatto all'ultimo istante, classico libro: biografia di un individuo stimato. Ancora la maschera indossata si fa valere in quanto sembra realmente che l espressione scolpita nel volto degli zii e cugini sia effetto di una precedente sorpresa; in realtà è solo un inganno nei confronti dei sensi di chi osserva…

Ringraziamenti vari, giro di baci a tutti i presenti e via con il prossimo. 

Si passa ai genitori. Regalo più importante dei precedenti nella scala gerarchica. Ci si mette più per comprarlo perché deve piacere. Qualcosa di particolare che possa realmente stupire. Non accade sempre però, nei casi specifici in cui ciò non si verifica, il genitore è abile a far sembrare la maschera indossata realistica e non una paralisi periodica dei muscoli mimici del volto. Così, tutti cadono inconsapevolmente nel tranello. 

Ringraziamenti vari, giro di baci a tutti i presenti e via con il prossimo.

Ora tocca ai figli. Grandi doni per loro da parte di tutti. Si accende così la competizione. Gli adulti si sfidano a chi fa il regalo migliore, vince spesso l intraprendente di turno, cioè colui che non bada a spese (dalla competizione sono tagliati fuori i genitori i quali vincono in ogni caso). Gli zii i cugini e i nonni si danno battaglia. Tutto inizia dal gesto del 'porgere'. Chi porge in maniera più affettuosa il proprio dono già inizia la scalata verso l olimpo (di solito sono i nonni ad aggiudicarsi questo titolo, distribuendo paghette e bustarelle). Poi però gli zii e cugini recuperano data la loro età più vicina a quella dei figlioletti; sono semplicemente più moderni dei nonni e riescono, quindi, a ragionare quasi come un ragazzo, riuscendo a cogliere nel segno tramite regali tecnologici. Al termine di questo rituale tutti attendono il giudizio finale che termina per parcondicio con un pareggio generale e con un ''grazie mille'' da parte dei figli, messi a disagio durante tutta la gara per colpa dei troppi sguardi dedicatigli e per colpa di un oppressione generale. 

Ringraziamenti vari, giro di baci a tutti i presenti e via con il prossimo. 


La cerimonia termina. Tutti si apprestano a riprendere le proprie giacche. Un ultimo giro di saluti caratterizzato ancora dalla presenza di queste maschere che rendono i volti tutti identici, sorrisi vuoti che non trasmettono calore, soltanto gelo e pena. Completato il giro ognuno è libero di tornarsene a casa, aprire l armadio, riporre i vestiti da evento e togliersi finalmente quella scomoda maschera natalizia. Finalmente si ritorna all'amato egoismo. Liberi tutti da quell'odioso odore di bontà e gentilezza emanato da quella abominevole maschera. Così avanti per 364 giorni, fino al prossimo 25 Dicembre, il tempo della maschera.sto qui...

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La Straordinaria Storia di Sir.Artur.Wallas - Parte 9 - Fine.

Come una Poesia, come una filastrocca, il cerchio iniziava a chiudersi, scritto così, dalla punta della mia penna:

' Anna amava la Coca più della vita,

non sua, ma degli altri attorno;

l'Ego che la corrodeva,

Come una viscida stanza buia.

Ingoiava avida Alessandro,

non c'era pietà,

Ale non pregava,

Ale moriva,

non sapendo se fosse per le braccia di una donna,

o per le braccia di uno spirito;

come a cercare,

disperato e sudato,

qualcuno che ancora gli volesse bene,

ma pagava l'amore,

con buste di polvere,

la sua testa finì,

in una busta di polvere.

La colpa della stupidità,

è il più innocuo dei peccati,

la colpa della solitudine,

il più subdolo.

Dio era un porco che giocava nel fango,

con chi ormai nel fango si nascondeva.

Anna non uccise Alessandro,

Ma, Alessandro, incapace di fagocitarsi,

si fece uccidere da Anna.

E la sua coscienza fu lavata,

nella sua ingenua, fragile,

Anima,

Oramai,

Smarrita. '

——

Tutti aspettano; il Pubblico è la mia prostituta o io sono la sua ? Claudia, Giulia, Marco, Alessia ... Chiunque legge e aspetta l'epilogo, il degno ballo finale. Tutti affamati di sapere come si chiude il capolavoro. Sento il vostro respiro addosso, ed è per questo che l'ultimo capitolo ha tanto ritardato il suo arrivo.

Per tanto, come mi è consueto, stravolgerò ogni riga e senso logico. Anche stavolta, scriverò in modo diverso l'epilogo; perchè così va fatto, o almeno è ciò che sento dentro di me…

Vedete, ci sono volte in cui mi sento di starvi come… venendo in faccia.

Ricoprirvi di sperma, inteso come il mio seme, la mia creazione, una parte profonda della mia anima. Non posso scrivere l'ultima parte del racconto a me più caro seguendo linee logiche che voi esigete da me, ma posso farlo masturbandomi e provando terrore e piacere, lacrime e stupidi sorrisi ed imprimere così, l'ultimo atto, sparso e cosparso sui vostri volti, quelli che… ancora profumano di ingenuità.

Come Wallas conobbe Anna, non mi è dato saperlo. Immagino attraverso uno stupido ed insensato social per incontri, una delle sue reti da pesca buttate nel mare delle troie, una conversazione nata nelle sue noiose giornate, una chat numerata tra le tante messe in lista...

Nel suo elenco di prove e riprove, ancora mi stupisco di come possa essersi affezionato ad un mediocre e insensato pesciolino, abboccato all'amo di un marinaio stanco e pesante.

Penso tuttavia, come ho sempre sostenuto, che le persone si afferrano e si aggrappano in momenti così difficili, alla prima Donna o uomo, capace di sorridergli o di dargli una carezza calda.

Quando non si ha nulla, come bambini che giocano con un legnetto nella sabbia, si arriva alla folle irrazionalità dell'innamorarsi del primo giocattolo, o della prima onda di mare.

Wallas era ormai perso e claudicante, zoppo e assonnato, da droghe e solitudine; deliri di insicurezza e scherni di malagente, ancora a rincorrere Ginevra che ormai, non gli rispondeva più neanche al telefono.

Era scappata, sparita, letteralmente fuggita: l'Alaska era la meta da lei prestabilita per ricostruirsi la vita degenerata e malsana che gli aveva cucito addosso il mio amico.

Penso che spesso il Wallas si sia chiesto: ' Come può essere così insensibile di fronte al mio dolore ? Come può ignorarmi, starmi distante, sapendo che io sto ballando sull'orlo della morte? Può davvero, così insensibile, guardarmi morire? Eppure quando si ama, non si smette mai di amare davvero. Ma allora… Perchè Ginevra, mi lasci morire così? Io non sono… non sono un ragazzo cattivo….Ti prego almeno, rispondimi al telefono e fammi sorridere, anche solo per sapere che qualcuno mi vuole ancora bene…almeno… qualcuno. '

Piccolo amico, ci sono passato anche io.

Ma vedi, non ci sono telecamere puntate su di noi come nel Truman Show, non esistono storie scritte o scoop giornalistici che ci ritraggono nei momenti peggiori e vengono diffusi da un presunto Dio alle persone a noi care. Nessuno, meglio di te, può sapere e capire come ti senti.

Inoltre, devi sapere, le persone riescono a covare così tanto odio e rancore, da poter cancellare ogni forma di altruistico amore; la loro empatia fa spazio all'odio e al menefreghismo, all'augurio della tua fine peggiore. E quando alzi gli occhi nella volta del cielo, sperando che qualcuno o qualcosa ti dia ascolto e si rifiuti di vederti marcire e morire così, allora guardati attorno e ricorda che anche i fiori che calpesti moriranno, per quanto belli e preziosi.

Eppure, lui si è sempre rifiutato di accettare il percorso del Destino: Non ha mai voluto ammettere a sè stesso che esistono persone più fortunate e persone terribilmente sfortunate, che a volte, non esiste preghiera e buon'azione che possa cambiare la tua volontà come nel film ' Cambia la tua vita con un click ' ; che spesso anzi, comportandoti peggio non otterrai nessuna attenzione o rammarico e nessuno ti prenderà in braccio dicendoti ' Ti sei fatto male? Ora ti guarisco io. '

Comportarsi peggio con sfida arrogante nei confronti della vita stessa, da come unico risultato lo stare male ancor di più il giorno dopo e quello dopo ancora e ancora ed ancora, in una spirale di malessere e tristezza.

Ma la sua convinzione perenne, il suo, modo di riconoscersi come persona che non poteva davvero finire i suoi giorni in un modo così terribile, lo portò quindi a convincersi che Anna, fosse finalmente l'infermiera che avrebbe placato i suoi dolori: l'angelo della salvezza, o come direbbe lui, la persona di cui innamorarsi di nuovo.

Sapete perchè? Perchè Anna era l'unica, dopo ormai oltre tre anni, ad avere il coraggio di rivederlo dopo esserci uscita la prima volta.

Tutto qui. Già, tutto qui?

Ma mentre Wallas nella sua eutanasia mentale e delirio psicotico, la guardava illudendosi che una piccola ruga sorridente sul suo viso potesse dimostrare chissà quale innamoramento, lei, imbottiva narici di sostanze che la facevano sprofondare nell'abisso monotono e apatico, di cui presto anche il Wallas, avrebbe fatto parte...

Sapete cosa ci trovava Anna nel Wallas? Sapete perchè lei, al contrario di altre, non arrivò a rifiutarlo e continuò ad uscirci in una sorta di ' frequentazione ' ?

Trovò solo vicino al suo cazzo, tasche piene di droga e contanti, ed era pronta a succhiarne ogni centimetro, mentendo spudoratamente, come solo una tossica incallita saprebbe fare…. Tutto, pur di un'altra dose, le bastava solo quello per essere felice.

Ancora ed Ancora.

Si frequentarono per un periodo impreciso di qualche giorno, abbastanza però per far innamorare o convincersi di amare, il nostro vacillante e debole amico. Wallas, era un bimbo fragile e disperato dietro le fattezze di un uomo virile e indipendente; mentiva a sè stesso e ai suoi amici fingendosi felice e soddisfatto della sua vita " piena e ricca di piacere" , quando in realtà, ogni notte, tremava per la solitudine e inveiva contro Dio e il male che gli stava causando, soffriva, piangeva e forse, si odiava.

Anna lo scaricò poco dopo.

Lo buttò come un sacco dell'immondizia e lo ignorò dandogli del ' povero sfigato ', quando questo iniziò a dichiararle i suoi sentimenti e a farle capire che provava per lei qualcosa che non poteva certo ignorare.

Probabilmente, la scena, ebbe lo stesso effetto di chi sta portando un mazzo di rose ben scelto alla sua donna e questa, guardandolo negli occhi - pieni e ingenui -, gli ride addosso buttando per terra il bouquet e calpestando tutte le rose.

Non se ne capacitò subito, il Wallas.

La rincorse e si umiliò nel farlo.

Anna lavorava come cameriera in un locale notturno di dubbio gusto, il mio amico conosceva tutti i suoi orari e nonostante andar fin lì in taxxi costasse un occhio della testa, lui non esistò ad andarci più volte. La rincorreva come un bimbo che ha smarrito la mamma nella foresta.

Alla terza, fu sbattuto fuori da Anna stessa che lo insultò a gran voce in mezzo a tutti i presenti - imbarazzati - e chiamò persino il titolare per farlo cacciar fuori bruscamente.

La figura che fece fu ridicola: tutti ridevano sotto i baffi, guardandolo umiliato dalla cameriera e dal burbero buttafuori.

Io, quella notte, ero con lui.

Avrei dovuto farlo desistere o proporgli qualcos'altro, ma era solo uno spreco di tempo, fiato, parole… Una capra che incorna è pur sempre una capra.

Alcool, droghe, situazioni degeneranti, eppure lui persisteva. Probabilmente ogni giorno si svegliava con l'idea di far qualcosa di incredibile che avrebbe cambiato la sua giornata, come andare da Anna e immaginarsi questa piangere e cadergli addosso pentita e innamorata. Poi, dopo aver fallito la sua ' idea geniale ' del giorno, si ributtava su tutto ciò che poteva farlo pensare di meno, dormire più sereno, dimenticare… Lui amava dimenticare.

E i suoi occhi, si stringevano a spillo, mossi da occhiaie pesanti come solchi nel terreno; Le mani sporche di terriccio, la poca igiene personale, la voglia di vomitare e guardarsi vomitare, per poi lavar via il saporaccio con un altro sorso, un altra pastiglia, un altra sniffata…

Wallas si stava suicidando, così lentamente, da rendere terrificante ogni giorno in più passato su questa terra.

Ormai, io e gli altri, lo guardavamo con distacco, disinteressati, come chi guarda un film di cui conosce già la fine.

Gliel'avevamo detto così tante volte, gli avevamo dato così tanti consigli… Perchè non ha mai voluto ascoltare nessuno di noi, neanche per una cazzo di volta ?

Il peggio accadde dopo.

Una sera qualunque, divaricati sul mio divano, mentre Wallas probabilmente ancora cercava un modo per riconquistare la sua Anna perduta, arrivò una chiamata.

Dei nostri amici erano andati al locale della ragazza e l'avevano vista farsi sculacciare in autoreggenti da un porno attore, infilarsi la coca nel naso con un paio di dita e appartarsi a far pompini al ' divo del porno ' e ai suoi amici, nel bagno del locale.

E quando Anna tornò in cassa, aveva il seno ricoperto di sperma.

L'immagine fu così forte e disgustosa che io stessi male per il mio amico. Non un male qualunque: pensavo che fosse realmente una cosa così… così… come un taglio a crudo sulla pelle cucita, come una fitta acuta che prendeva lo stomaco e lo picchiava con tacchi di scarpe…. Non riuscivo ad immaginare come potesse stare una persona che ama all'idea di quell'immagine così cruda e malata.

Eppure, lui reagì solo con rabbia e violenza repressa. I denti stridevano, i pugni erano caldi e pieni di sangue e sbraitava insulti e parolacce e bestemmie.

Non pianse neanche stavolta, perchè a sè stesso, voleva dimostrare che un vero uomo non piange mai, tanto meno, per una puttana.

Ma non piangendo e non ammettendo la sua colpa, il fatto che Anna fosse sempre stata quel genere di donna fin dal principio, il fatto che lui non avesse ascoltato tutte le opinioni che avevamo su di lei, non avesse visto che era irreale innamorarsi di chi voleva droga in cambio di sesso, non avesse neanche notato i tatuaggi da zoccola e la sua fissa per le scopate più disgustose e perverse…. Lui non arrivò a prendersi la responsabilità. Non scattò mai nel suo cervello l'idea che fosse sempre stato LUI a sbagliare tutto.

Anche stavolta, le colpe, erano di un altro.

E quindi, un altro buon motivo per assumere nuove sostanze e lacerarsi il corpo.

Da quel giorno, iniziò a cercare droghe sempre diverse. Se avesse avuto una siringa, forse, si sarebbe fatto anche quella, nonostante fosse agofobico come me. E l'avrebbe fatto perchè godeva come un porco all'idea di farsi del male. Era il suo modo per gridare a Ginevra, ad Anna, a chi gli aveva puntato la pistola, agli insulti degli altri, all'infanzia da persona con difficoltà economiche, alle prese in giro e le volte in cui era stato emarginato o rifiutato…. Era il suo modo per gridare: ' Avete visto? Siete contenti ora? Guardatemi affondare mentre vi sputo addosso la mia bile ! MERDE ! '

Le foglie degli alberi si rinsecchivano e si tingevano di rosso. L'autunno stava arrivando attraverso il vento che soffiava via la polvere dai tombini. Gli scoiattoli radunavano le provviste per l'inverno e gli uccelli migravano in luoghi più caldi in grandi stormi nel cielo.

Io, iniziai ad avere i miei lavori ed i miei incarichi da portare a termine, il tempo veniva a mancare e le serate estive facevano spazio a lunghi noiosi compiti, a sonni precoci, a coperte calde.

Lo persi di vista per un po'; Wallas, lo vidi sempre meno, fino a non vederlo più, per due lunghe settimane.

Ma prima di queste, ricordo con piacere di averlo visto nella peggior forma fisica e psichica possibile, ma con una gran voglia di stabilizzarsi e riscattarsi davvero:

' Ned, smetto di fare questa vita. Ho trovato un lavoro nel mercato immobiliare e comincio domani. Voglio fare carriera e poi, mi piace vendere case! '

Erano anni che non sentivo quel senso di felicità nei suoi confronti. Ero fiero come un padre, o un fratello, o qualcuno che proprio quando aveva perso le speranze, veniva stupito e preso da una piacevole sprovvista!

A me non sembrava mentisse.

Certo, era ridotto male, ma quelle parole erano colme di una sincera speranza e diversa prospettiva di vita…. Quando gli diedi una pacca sulla spalla, lui sorrise quasi arrossendo. Non mi preoccupai per lui, anzi, un giorno lo chiamai al lavoro e fui lieto di sentirlo impegnato, come un soldatino che svolge alla perfezione il suo nuovo compito. Ed era felice nel farlo.

Stava davvero svoltando pagina. Era così...

Poi, due settimane.

Non lo chiamai perchè anche io dovevo riprendere fiato, respirare libertà, concentrarmi e realizzarmi sui miei progetti. Mi dimenticai di chiamarlo, del tutto.

Le prime nuvole grigie accorciavano le giornate, le tazze dei te bollenti ribollivano sulla scrivania e mentre rileggevo e mettevo mano a diverse scartoffie, un messaggio, fece vibrare il mio telefono cellulare:

— Ned, ciao sono Francesco. Senti… sei sicuro... che il Wallas stia bene ? —

Quando lo rividi, la sua testa si affacciava gonfia come di cortisone in una piccola finestrella con una grata di ferro; Gli occhi diventati sporgenti, con pupille schizzate ad osservare smarrite il vuoto, le mani grosse e ruvide piene di segni e pellicine enormi. Si grattava piccole lesioni sulla pelle, ma sorrideva felice: la sensazione di rivedere me e Nicola, come chi su un isola deserta dopo decenni di dialoghi solo con sè stesso, riesce finalmente a vedere una barca arrivare a salvarlo. Ma non è la barca o il fatto di ritornare in città che lo allieta, quanto invece la possibilità di sentire finalmente la voce di un altro essere umano, parlargli, domandargli, ascoltarlo…

Ospedale psichiatrico. Stanza in isolamento.

Piccolo letto privo di spigoli, comodino privo di spigoli, finestre con vetro antisfondamento microscopiche e prive di maniglia, calorifero senza spigoli, nessun televisore, bagno sterile e privo di ogni oggetto con angoli quadrati, nessuno specchio.

Tutto lì, era privato di ogni possibile oggetto o caratteristica con cui ferirsi o tagliarsi… Lo trovavo angosciante. Era spaventoso.

Le sue scarpe erano state private di ogni laccio, così da impedirgli di impiccarsi.

Si poteva fumare però, eccome se si poteva. Là dentro in ricovero le giornate passavano unicamente a suon di 40-60 sigarette al giorno, spente in diversi posaceneri comuni; in alternativa un piccolo televisore, ben controllato dallo staff medico dietro una cabina blindata e accessibile solo al personale.

Attorno al corridoio costellato di luci al neon - a loro volta riparate - non c'erano quadri, foto, colori. Muri bianchi, pavimenti bianchi, stanze bianche senza maniglia… Tutto era bianco ed immobile. Girovagavano quasi come spiriti, diverse persone silenziose e con sguardi totalmente assenti dalla realtà circostante. Una, era una signora sulla sessantina dai capelli sporchi e grigi che fissava tutto il tempo il muro a distanza ravvicinata, non si muoveva, era come un chiodo fisso nella parete, come un pezzo di quell'orribile arredamento.

L'odore era quello del disinfettante ospedaliero, solo quel profumo risuonava nell'aria.

Entrare lì, sembrava come entrare in un mondo lontano e sconnesso da tutto il resto della città. Giuro, non pensavi più di trovarti a Milano, in un qualsiasi ospedale, con fuori strade, bar, semafori, macchine, pozzanghere… Sembrava come di entrare per sempre in una stanza vuota, condannato a restare lì per il resto dei tuoi giorni.

Non capivo, guardando quel posto, come potessero guarire le persone privandole di ogni forma di libertà. Ma allo stesso tempo, con grande rammarico, mi rendevo conto che quelle persone non potevano essere lasciate libere neanche di girovagare in un cortile.

Chissà, se qualche stanza più in là di quella del Wallas, qualcuno, non aveva morso la sua lingua e fatto un bagno di sangue sulle sue pallide lenzuola. I suicidi, avvenivano di frequente.

Quando vidi camminare il mio amico per accompagnarci alla stanza dei fumatori, mi resi conto che non avevo davanti il ragazzo con cui ero cresciuto fianco a fianco.

Non era lui, non sembrava neanche ricordarsi di lui. Chi era questo Alessandro ?

Ero arrivato al punto in cui dubitavo persino del fatto che mi riconoscesse e si ricordasse chi io fossi. Magari sapeva che ero un suo caro amico, ma non ricordava bene dove mi avesse conosciuto o cosa ci piacesse fare quando andavamo in giro insieme. Si sarebbe ricordato almeno della mia pizza preferita? Di quando tifammo la nostra squadra con le stesse maglie comprate dai cinesi? Si ricordava delle panchine, dell'Arco, del liceo, delle partite a pallone…?

Poi, trovai il coraggio di chiederglielo.

" Cosa ti è successo…. Ale ? "

Si avvicinò come chi deve bisbigliarti un segreto. Si guardò intorno e fece attenzione che nessuno ascoltasse, poi, resosi conto di essere da solo, iniziò a confidarci l'accaduto come se noi fossimo gli unici a cui poter rivelare una verità così segreta e pericolosa.

" E' iniziato tutto una sera. Mentre tornavo a casa. Da giorni notavo una strana macchina fermarsi in piena notte davanti al mio portone… La osservavo dal balcone e questa spegneva i fari ogni volta che mi affacciavo. Stava lì per ore. Così, una sera decisi di prendere il binocolo per guardare chi o cosa ci fosse dentro… Ma in quel momento, una luce di un laser rosso iniziò a riflettersi sul muro dietro la mia testa. Il laser puntava dritto in casa mia. Mi spostai di una stanza e la luce, si posò di fronte ai miei occhi, puntandomi la fronte. Chiusi tutte le tapparelle e le tende e per due giorni, mi limitai a stare in casa guardando solo la televisione e giocando col tablet.

Non dissi niente a mia Mamma, non volevo fosse coinvolta.

Qualcuno voleva uccidermi.

Ad un certo punto, notai che in televisione, qualsiasi programma cambiassi, iniziava come a comunicare con me. Le persone si fermavano e mi facevano dei segni durante le loro trasmissioni, mi avvertivano di essere in pericolo e di stare attento.

Così, dopo due giorni, decisi di riprendere il binocolo e di guardare a fondo chi mi stava spiando. Vidi la luce provenire dal grattacielo di fronte a casa mia, verso l'ultimo piano.

DI colpo, le luci si accesero. Erano le 3.30 e non c'era nessun piano acceso nel condominio eccetto che quello. Era molto distante, ma si vedeva chiaramente…

Il laser sparì da casa mia. E poi, dopo che le luci si spensero di nuovo…

Si riaccesero. E comparirono sulle finestre di quell'appartamento... le sagome dei miei amici morti.

Erano pezzi di cartone appiccicati che mostravano i vostri volti, tutti morti. Tutti eravate morti . Ed era l'unica cosa che si vedeva in quella notte. Eravate tutti morti.

Sapete perchè sono qui dentro? Nell'ospedale psichiatrico, dico.

Perchè ho capito cosa mi vogliono fare. E allora, mi sono fatto rinchiudere qui apposta, perchè qui dentro non possono ammazzarmi. E facendo così, ho salvato anche voi!

Voi non sapete cosa c'è sotto, ma io sì. Quando guardo dalle finestre della mia camera d'ospedale, le persone che passano nel cortile dell'ospedale...io vedo chiaramente, alcuni di loro, sconosciuti, che si siedono sulle panchine e mi osservano. Usano il cellulare. Comunicano tra di loro! Anche loro fanno parte del complotto!

Loro vogliono uccidermi, ma io, li ho fregati tutti ! Finchè sarò quì dentro, io, li fregherò! Ho vinto ragazzi! Li ho fregati ! "

Questa fu la sua storia.

Lo disse con una tale convinzione, da mettere a rischio chiunque provasse a farlo ragionare, o a fargli pensare che era assurdo ciò che si stava inventando! Sapete cosa mi spezzava l'anima?

Il fatto che dovessi per forza fingere di credergli.

Era quel tipo di persona a cui se avessi dato torto, probabilmente, ti avrebbe preso come un ' complice ' del complotto nei suoi confronti.

Lo si vedeva sì, mentre raccontava: guardava i nostri volti come a scrutare chi di noi fosse la ' talpa ', come a voler scoprire il presunto ' traditore' , come a voler analizzare le nostre reazioni e definire come ' colpevole ' chiunque non gli avesse creduto pienamente. Non ci voleva più bene, non si ricordava neanche che noi, eravamo i suoi più grandi amici… Tutta la nostra infanzia, come poteva averla dimenticata?

Imbevuto di follia, iniziò persino a proporci di aiutarlo ad 'eliminare' il misterioso uomo delle sagome di quel palazzo.

Noi, lo guardammo allibiti e colmi di lacrime trattenute, pensando che in fondo non c'era niente di più terribile, che l'idea di non poterlo più riportare indietro...
Riportarlo a quando, aveva quel casco allacciato storto, la cartella di scuola, lo scooter… E se ne usciva con battute oscene e porno sulle sue compagne di classe.. per poi salutarci e dirci ' Bella raga, oggi ci becchiamo al termine delle lezioni! Oh aspettatemi che andiamo a mangiare assieme! '
A volte riguardo le nostre vecchie foto, i nostri video girati con il nokia n70, le nostre vecchie conversazioni su msn messanger con trilli ed emojicon…
E penso sempre che non avrei potuto cambiare il corso degli eventi, ma almeno avrei voluto fermare il tempo e godermi ancora, quei giorni, quegli anni, in cui io, avevo il mio più grande e caro amico. Un perfetto scemo, ma cazzo che momenti ci ho vissuto!
E allora passo un dito sullo schermo del computer come a volergli tirare un buffetto sulla guancia e mi ricordo che lui, in fin dei conti, era proprio una brava persona.

— Fine — 

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Le ferite dell'amore

"E allora tu credi nell'amore? Pensi veramente che ti sentirai realizzata grazie alle relazioni?" le chiedo quasi con tono di rimprovero. Abbassa lo sguardo per nascondere la timidezza e lascia intravedere un leggero sorriso tra le guance rosate, "Sì.." accenna.

No, non é vero. No può essere così. "Sai, dopo che hai sofferto molto per amore, dopo che hai passato notti a piangere, ecco.. smetti di crederci" ribatto. Scuote il capo e inizia a guardarmi incuriosita, forse con compassione, forse con disprezzo, questo lo puó sapere solo lei. 

Si dondola su se stessa e di colpo balza tra le mie braccia: sento il suo profumo melato, mi ricorda del frutteto dove giocavo da piccolo; sono ipnotizzato, lei é qui stretta a me, ma io no, sono chissà dove, tormentato dalle sue parole, mentre rivivo tutte le sofferenze da lei tanto amate.

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Old Boy - 2003.

Sorridi ed il mondo sorriderà con te.
Piangi e piangerai da solo.

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