Non so se abbiate mai visto Snatch! , in ogni caso, in Snatch! viene utilizzato il montaggio ipercinetico. In sostanza nel giro di 5 secondi vengono buttate davanti ai vostri occhi immagini rapide in sequenza , come se tutto il tempo degli eventi fosse riassunto in poche sequenze che il vostro occhio riesce a mala pena a percepire. Per me è stato così. Il tempo di battere le palpebre e una volta che il buio era svanito, ritrovarsi col culo su un sedile di un Boeing seduti di fianco ad un signorotto con in mano una copia del Time e un'aranciata compressa in un bicchierino in plastica. E' tutto compresso quando viaggiate, come se fosse tutto in pillole che dovete assumere a scadenza regolare. Ho sempre detto che la giacca e la cravatta è il costume dei falliti ben mascherati. Sai da cosa distingui i capi dai servi? I Capi vanno alle riunioni in ciabatte, i servi con il mocassino e il colletto ben chiuso da una cravatta elegante. Io ero servo e benché tutti sostenessero che fossi così sexy vestito elegante, mi sentivo soffocare da una routine che non è la mia. Volevo chiedere alla Hostess dello scotch, ma non ho avuto il coraggio di richiedere alcolici in volo, mi sarei sentito o un grande chitarrista, o un grande coglione. Ma non avevo la chitarra, quindi la seconda ipotesi era più plausibile. Poi, quando si aprono i portelloni, ho respirato l'aria della magica Parigi. Parigi è una cartolina surreale vivente. Parigi non andrebbe visitata, Parigi andrebbe osservata da una finestra a specchio dell'Atalant Hotel, con una copia di un giornale locale, un croissant e un cappuccino. Se lo faceste, vi rendereste conto che è come osservare una scena di un film di Woody Allen, o di qualche regista bohémien. Pensavo di iniziare a scrivere il mio libro proprio da lì, da quella finestra, ma sfortunatamente non ero a Parigi per svagarmi, se fosse stato così, ci sarei andato in scarpe da basket. Ero sia nel perfetto luogo, sia in quello più sbagliato. Non mando giù i francesi e il loro ego smisurato, né gli odori che emanano. In più, non spiccico una parola in francese. Certo non volevo sembrare italiano, esiste forse una razza peggiore di quella italiana? Forse i rumeni e gli albanesi, ma c'è comunque una bella concorrenza. Così, rispolvero la mia carriera di attore da cinema di mezza notte e davanti allo specchio, sforzandomi di non gesticolare, inizio a fingermi un perfetto californiano. Sporco l'accento di influenze dell'ovest, senza esagerare o mi sarebbe solo mancata una sputacchiera e un paio di arachidi. Non eravamo nel Far West, eravamo semplici turisti cresciuti a workout, belle donne e pick-up così grossi che ti sentivi una lumaca con tanto di casa dietro. La sfortuna è che, raramente trovi francesi che parlino inglese, per loro è considerato un disonore parlare un'altra lingua così diffusa. Però, sapevo come arruffianarmi le signore che profumavano di Chanel in quegli abiti abbondanti e impellicciati. Giravo con una copia di L'Élégance du hérisson, rigorosamente nella mia ventiquattrore e la tiravo fuori ogni volta fossi seduto ad un caffè bar. Non leggevo sia chiaro, ma sapevo fingere bene. Ho ricevuto anche un qualche complimento per la lettura, a cui ho sorriso annuendo elegantemente. Parigi è così, ti fa venire la voglia di portare un paio di baffi all'insù e di fumare quelle sigarette con il bocchino. Fossi stato un pittore, Parigi è la città in cui ti viene voglia di sdraiarti e dipingere sugli stessi mattoni una tela elegante e colorata. Alla mia prima notte d'albergo, ho sentito nuovamente il bisogno di alcolizzarmi. Non avevo niente d'affogare, ma non potevo resistere alla tentazione di barcollare ubriaco in quelle luci e quei colori che sembravano fuoriuscire da una tela di Magritte . Mentre ero al mio secondo Jack e coca, noto qualche sgabello di fianco, due ragazze più grandi di me, osservarmi e sorridere. Erano ben vestite, troppo per i miei gusti. Già tendo a schifare disgustato le donne in tacchi alti e vestiti che fan concorrenza al red carpet degli Oscar, figuriamoci due ragazze sui 25-26 anni con abiti di qualche stilista prestigioso e pochette di Vuitton ( l'unico marchio che riconosco ) . Insomma, per me la donna diventa sesso quando gira in autoreggenti e felpe larghe, quando è stracciata, vestita in malo modo, celata dietro maglie larghe con spacco sulle spalle. Però, una delle due, aveva proprio un gran bel viso. Fisicamente erano messe più che bene, sapevano di esserlo dato l'abito che calzava perfettamente sui fianchi e la postura che assumevano da sedute con la schiena dritta e le braccia appoggiate delicatamente sul bancone. Avevo avuto così tanti appuntamenti e scopate con così tante donne, che ormai, mi bastava osservarle a distanza per dirvi persino cosa bevevano, che medicine assumevano, la musica che ascoltavano, se avevano animali in casa, i loro rapporti con loro stesse e le loro relazioni con i genitori. Spezzando il mio lato affascinante e romantico, cadendo nel romanesco, ero una sorta di Sherlock Holmes della fregna. Poi, ho fatto qualcosa che ho sempre desiderato fare, qualcosa che sinceramente non sapevo se si facesse realmente o fosse solo frutto dei telefilm con cui siamo cresciuti. Ma ero californiano, quindi dovevo comportarmi come tale. Con due dita feci cenno al barman di avvicinarsi, mi sporsi per sussurargli all'orecchio: Offra un altro giro a quelle due signorine. Mi piacerebbe dirvi che filò tutto perfettamente e farvi respirare un po' di magia da gran racconto, ma sono realista, fottutamente sincero e mi tocca dirvi che il barman non parlava inglese e ci misi decisamente un po' a spiegarmi. Poi, comprese, aspettò che finissero i loro drink - continuavano a guardarmi, soprattutto la ragazza col bel viso: Aveva un taglio a caschetto, capelli scuri, un piccolo neo sopra le labbra e un rossetto di un rosso parecchio spinto. Naso alla francese, ottime le proporzioni rispetto agli occhi azzurrastri. Aveva anche un accenno di lentiggini, terribilmente sexy. - Nel momento in cui il barman si avvicinò per offrire loro il secondo giro, ammetto che mi tesi come una corda di un violino. Loro gli dissero qualcosa, ma erano rilassate, vivaci. Si girarono verso di me e alzarono i calici per ringraziare . Ricordate il montaggio ipercinetico ? Ero sbronzo, sulla via del peccato, con del fumo che usciva dai tombini, probabilmente sbalzi termici, c'erano parecchi turisti sul marciapiede opposto. Io scattai la foto al Moulin Rouge, ne scattai un'altra ed un'altra ancora; Ero un perfezionista, cosa volete farci. Trovai il modo di non inquadrare i passanti e aspettai il momento giusto. Come ci ero arrivato? In Taxxi, ma non ero solo. Vivièn e Ameliè erano con me, ormai, avevamo già fatto conoscenza da due ore e mezza. Vivevano da sole, non erano neanche di Parigi, ma erano lì per uno stage. Avrei dovuto offrirgli almeno un altro giro di drinks, perché il loro tasso alcolico era decisamente inferiore al mio. Mi sentivo una star accompagnata a fare un tour della città da due splendide ragazze e mi tenevano a braccetto. Loro masticavano qualche parola d'inglese, abbastanza da farmi capire che se avessi voluto potevo fermarmi a dormire la notte con loro, mentre divertite m'insegnavano un po' di francese ed erano incuriosite dalla mia storia e del perché fossi lì e sembrassi qualcuno d'importante. Vedete, la prima lezione che t'insegnano a recitazione è che puoi essere chiunque, dico davvero, chiunque, basta solo convincerti di esserlo e convincerai anche gli altri che tu lo sia. Ti cali in un personaggio e vivi e parli e ti muovi e respiri come se tu fossi realmente lui e questo gioco, che facevo da anni, mi riusciva ormai perfettamente. Vivièn era la ragazza castana col caschetto che tanto mi attizzava strane fantasie, ma non potevo scindere una coppietta così carismatica. C'era profumo di un Menage a Trois su lenzuola in velluto e Dio solo sa quanto avrei voluto strappare quei vestiti firmati per lasciare segni arrossati sulle loro cosce. Il profumo del sesso, s'intonava perfettamente con quello alla ciliegia di Ameliè e i capelli lisci come seta di Vivièn erano fatti per essere stretti tra le dita quando le sue labbra scendevano sotto la cintura. Ma questa, è una storia che vi racconterò la prossima volta. Ormai, mancava poco al mio rientro a Milano, poi, avrei raccontato tutto per filo e per segno e soprattutto come mai, fossi a Parigi, senza averlo mai deciso e scelto.