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"It doesn't matter what you do, as soon as you do it with Passion.."

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Quasi un Flusso di Coscienza - 01 - Passati.

​Quando l'ho salutata, stanotte, sapevo che l'avrei rivista, ma sapevo, che non avrei riavuto indietro la nostra cena della Domenica al ristorante cinese.
C'era come il ' The End ' alla fine dei film, scritto di pugno dal corso degli eventi racchiusi in una vita.
E' finita, che tu lo voglia o no, qualcosa è destinato ad essere solo ricordato e chiuso per sempre in quella che rimane la tua memoria e qualche fotografia vecchia, consumata, nostalgica...
Non riproverò più quella sensazione di quei caldi inverni, sotto la mia copertina con stampato un buffo cane peloso, preparando i biscotti ed il latte per l'arrivo di Babbo Natale.
Non riproverò più lo stupore dello svegliarmi e scartare i regali di fianco a mia madre.
Un giorno anche lei mi lascerà.
Io vorrei solo che le persone non se ne andassero mai per sempre.
Vorrei poter riavere un piccolo orologio, giusto per, tornare indietro qualche volta, solo un poco, solo per sapere che il passato non è così definitivo e inviolabile.
Eppure cresco e non riesco neanche più a sentire la mia faccia senza la barba sotto.
Qualcuno mi ha privato del mio zaino di scuola e delle partite a palla canestro nelle ore di educazione fisica, con spintoni ed insulti, sperando di far colpo su Veronica, che era seduta con le altre ragazze in panchina... Scambiava il suo contatto di msn alle compagne e e poi sfogliavano un giornaletto di nome Cioè.
Non giocherò più a Crash Bandicoot esaltato da quei colori così vivi che a me sembravano futuristici e mi facevano immergere in quel mondo come se fosse un sogno, o quasi.
Ora, nei videogiochi hanno tutti la pelle così reale da poterci contare i pori e i nei. E a me Crash sembrava così incredibile...
La mia webcam non fa più foto sgranate e i programmi con cui modifico le foto ora, non hanno più quegli strani filtri che dovevi calibrare alla perfezione per evitare che venisse fuori un Picasso.
E non riesco più a dire ' Ciao, piacere, mi chiamo Ned e questo è il mio primo video su Youtube ' con quei capelli arruffati e la voce timida e tremante. Quando vidi venti persone seguirmi, fu una festa. Fu come sentirsi Divo per un giorno. Venti persone mi guardavano. Era una classe intera di scuola, voglio dire, era tantissima gente... Ed erano lì per me. Pensavo che, era come essere un attore di teatro ed avere i primi spettatori che seguono il tuo show. Sentivo il calore delle persone, quasi come se mi fossero vicine per davvero e me lo portavo avanti tutta la giornata con un sorriso di chi sa di non essere solo. Un tempo mi sentivo al centro del mio piccolo mondo, osservato e criticato, ma anche applaudito. Non ero mai solo, non potevo sentirmi solo, venti persone avevano guardato un mio video, come potevo essere solo?
Ci sono tante cose che mi mancano.
Lorenza mi guardava stupita quando porgendomi il libro che teneva in borsa mi sentì pronunciare ' E questo chi è ? '
' E' nietzsche, che ignorante! Senti, tu sei del leone giusto? Ecco, ora ti dirò una bellissima teoria sullo spirito del leone espressa da Nietzsche. Senti, ti piacerà! . Sediamoci qui al parco dai. '
' Ok, ma posso appoggiare la testa sulle tue gambe? Almeno chiudo gli occhi e mi rilasso un po'... '
Era la prima volta che avevo un appuntamento diverso dalle solite uscite organizzate, quelle con ritrovo davanti al McDonald di piazza Duomo di prima mattina, bigiando la scuola e comprando i primi pacchetti di sigarette. Camel light da 10... Le nascondevo...
' Ok, sdraiati, io ti racconto di Nietzsche, vedrai lo amerai ! '
Era una storia così incredibile... Il giorno dopo mi accompagnò a comprarmi un suo libro alla Mondadori, ed era la prima volta che andavo in una libreria con una ragazza. Aveva i capelli corti, non andavano tanto di moda. E poi aveva quegli strani grossi orecchini. ' Si chiamano Dilatatori! ' - ringhiava Lorenza.
A volte vorrei scordarmi cosa sono i dilatatori e chi sia Nietzsche, così da ritrovare l'entusiasmo delle spiegazioni che mi forniva Lorenza. E poi potrei toccarle i fianchi per infastidirla e vederla saltare per aria per il solletico.
Le librerie ora, non hanno più quel fascino di quegli anni. E' come se, mi ci fossi abituato... L'abitudine è dolorosa, se guardata al contrario.
Un tempo le ragazze con il seno grosso erano un punto interrogativo. Costanza aveva un seno enorme e girava sempre con la nostra compagnia, ma nessuno la toccava, poichè Costanza era fidanzatissima con un ragazzo di Rimini. Si vedevano con Skype, era una grande invenzione Skype. Pensate che poteva permettere a persone distanti chilometri di vedersi nello stesso istante...
Guardo il mio Iphone e tutte le sue funzioni, ormai tutti si guardano nello stesso istante.
Costanza aveva queste tette gigantesche comunque, e ovviamente tutti noi ragazzetti le sbirciavamo senza farci notare. Ognuno di noi si chiedeva dentro di sè come sarebbe stato toccarle. Com'era toccare un seno così grosso? E abbassare il reggiseno? I capezzoli come potevano essere? Era uguale toccare un seno piccolo ed uno più grosso? Secondo me, toccarne uno più grosso era più piacevole. Era più grosso, quindi al tatto sarebbe stato sicuramente diverso.
Un tempo sbirciavamo anche le ragazze sedute sui gradoni con quel filo di sedere di fuori. Ogni volta era un'eccitazione colletiva. La fessura era lì, così visibile, cosa ci voleva ad allungare una mano e toccare? E qualche impavido provava a toccare, sapete? E poi correva via evitando schiaffi e calci. E noi, sul nostro motorino truccato, ridevamo di gusto, anche se un po' invidiavamo il fatto di non essere stati noi ad aver azzardato la ' toccatina ' .
Erano i primi sederi scoperti...
Il mio motorino era fighissimo. Aveva delle carene arancioni ordinate dall'Asia. Me le aveva ordinate Ciccio, fidato amico, una giornata in cui ci mettemmo fuori dal liceo, nel parchetto di fianco, a smontare i nostri mezzi e a renderli più attraenti. Si sporcò tutte le mani di grasso ed olio e a furia di faticare con quei cacciaviti ci venne una fame tale da andare alla ricerca di un posto in cui mangiare qualcosa. Solo che, non avevamo un casco, perchè Ciccio guidava senza casco - abitava molto vicino alla scuola - mentre noi, volevamo andare da Spontini, che era parecchio distante da dove ci trovavamo.
All'epoca Spontini era la migliore pizzeria di Milano, tutti andavano da Spontini.
Oggi Spontini ha aperto 10 diversi Spontini lungo la città. Quella pizza, non ha più lo stesso sapore. E quell'insegna, mi sembra meno bella di come la vedevo...
Rubammo un casco quindi, fu il mio primo furto. Non sapevo rubare bene i caschi, quindi cercammo il più facile da rubare. Bastava staccare con forza il laccio del casco dalla sella di qualche moto parcheggiata, ma noi, volevamo un Duraleu, status symbol dei caschi. Alla fine ne rubammo uno, ma ci volle un sacco di tempo, perchè avevamo paura di essere scoperti e continuavamo a rimandare il momento dello ' strappo '
Un vecchio poi, si mise davanti a noi ad osservarci con fare insospettito, solo che era strabico e questo ci fece ridere un sacco.
Ridemmo tanto in quegli anni....
Alla fine il casco lo tenni io.
C'era una ragazza di nome Martina, l'avevo conosciuta ad una cena scolastica, era da poco arrivata nella nostra classe e portava delle scarpe col pelo... Le ugg. Spiegava che se non avevi le Ugg eri una sfigata. Eppure a me, sembrava una montanara con quelle scarpe.... Però era bella, eccome se lo era.
Martina, durante il film ' Step up ' , mi mise un braccio sul fianco, chinò la testa sulla mia spalla e mi confessò: Sai che stai proprio bene col Duraleu oro ? TI fa così figo, Ned ! Se ne trovi uno per me rosa, andiamo a farci un giro! E glielo recuperai. Eccome se glielo recuperai…
Passammo una fantastica giornata.
Mangiammo i panzerotti da Luini, corremmo a Parco sempione, andammo sui Go Kart di Novara e consumammo uno sfizioso aperitivo al Cream Lounge, un locale indie parecchio innovativo all'epoca.
Solo che, Step up ora è al settimo film, il mio motorino un giorno fu venduto ad un ragazzino, Ciccio cambiò citta per laurearsi in medicina a Roma, il numero di Martina finì dimenticato su un vecchio cellulare N70 buttato dopo la sua rottura... E il casco...
Il casco è qui di fianco a me.
E' pieno di graffi.
E ora, di qualche lacrima.

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La straordinaria storia di Sir.Artur.Wallas - Parte 5 -

Salutai Ginevra l'indomani.
I genitori, mi pagarono un taxxi per il ritorno e si scusarono di avermi trattenuto così a lungo. Io, ringraziai.
Il motivo per cui non me ne tornavo al villaggio depresso o insoddisfatto, era il numero che avevo lasciato sul cellulare di Ginevra ed una promessa, o meglio, un appuntamento: il giorno prima del mio compleanno, il 18 di quel torrido Agosto, ci saremmo rivisti e avremmo festeggiato insieme. In un certo senso, mi ero dichiarato, ma non mi ero esposto così tanto. Voglio dire, passare la notte del proprio compleanno, con una ragazza, da soli sulla spiaggia. sarebbe stato un evidente flirt nei suoi confronti e dato che nutrivo più di qualche dubbio sul fatto di piacerle o meno, la buttai lì: inventandomi che i miei amici del villaggio andavano in una discoteca in cui mi avevano cacciato fuori e dove non volevo e non potevo tornarci.
A ripensarci, era una strana scusa, ma non importa se reggesse o meno, fatto sta che lei accettò con un sorriso. E quel sorriso, me lo portai dietro per i giorni seguenti.
Ignorai completamente tutte le ragazze in costume, in topless, disinibite ad abbronzarsi davanti ai miei occhi, avevo in mente solo il suo di corpo e più lo pensavo, più trattenevo le erezioni dure e grosse che premevano nei miei pantaloni.
Non mi masturbavo perchè ho una strana scaramanzia. In sostanza se mi masturbo pensando ad una ragazza, quella ragazza immaginata, non riesco poi a portarmela a letto. Vi dirò addirittura, che spesso, la frattura nelle mie poche relazioni serie avute, è coincisa col masturbarsi pensando alla mia fidanzata. Come se, masturbarsi pensando a quella persona, decretasse il non poter avere più il suo corpo in carne ed ossa.
E' una stronzata, ma anche la scaramanzia è una stronzata, eppure, un po' ci credo...
Mi trattenni quindi all'inverosimile e poi, arrivata la sera del 18, dopo una lunga preparazione in cui avrò sistemato e ricambiato l'ordine dei miei capelli almeno dieci volte, mi avviai alla spiaggia promessa.
Finalmente, era giunto il giorno. Il Viaggio per arrivarci però, fu tutto in bicicletta e considerata l'alta temperatura, arrivai abbastanza sudato. Mi annusai ripetutamente sperando che si sentisse ancora il buon profumo addosso. Fortuna che c'era il mare, quindi potevo spogliarmi e farmi un tuffo e nessuno avrebbe notato che avevo sudato all'inverosimile, solo che, quando arrivai in spiaggia, lei, era già lì.
Tra l'altro, il primo commento che fece, fu proprio il seguente: Sei un po' sudato Ned?
Ma, subito dopo, continuò: ' Andiamo a farci un bagno dai. '
Fu così rapido, che l'imbarazzo cedette il posto alla rassicurazione.
La spiaggia era deserta, c'era il tramonto ma senza i soliti colori rossi, si sentivano i rumori della pineta alle nostre spalle e l'acqua aveva quella temperatura gradevole che assume verso sera, dopo una calda giornata.
Il momento in cui si alzò dal telo da bagno e si tolse maglietta e i pantaloncini, mi sembrò durare una piacevole eternità. La sua schiena nuda che si scopriva, il suo sedere piccolo e sodo come granito... Ogni centimetro di tessuto che si sfilava, era un centimetro in più della sua pelle nuda e a me sembrava di vederla scoperta a rallentatore. Era fantastico.
Quando andammo in acqua poi, i suoi capezzoli divennero duri e rigidi e nonostante fingessi di non farci caso, li osservavo con la voglia di addentarli e mordicchiarli un po'… Mi puntavano, sporgevano fuori come vogliosi di uscire da quel pezzo di stoffa.
Arrivò il momento.
Un'onda la spinse all'indietro verso il mio corpo... le sue cosce si accostarono al mio membro e sentii strusciarmi addosso il suo sedere trascinato dall'acqua... Eravamo finiti attaccati ed io, per istinto, le baciai le morbide spalle.
Mentre le mie labbra si avvicinavano, nella mia testa, una strana voce mi gridò: Se lo fai, sei fottuto. Lui, lo verrà a sapere. Lo sai, lo sai, la verità viene SEMPRE a galla.
Ma si sa, io e la mia coscienza, siamo due estranei che si ascoltano poco l'un l'altro.
Poi, poi dovreste levarmi la penna tra le mani, perchè riempirei fogli e fogli su quello che fu per me il fare l'amore con Ginevra. L'acqua fu l'inizio di ogni luogo, ogni sterpaglia, ogni posto, in cui nei giorni seguenti, io e lei ci scopammo fino al farmi sentire dentro le sue ossa, il suo stomaco, come animali che si cacciano selvaggi in una foresta sperduta. Ancora e ancora.
Harder and harder, deeper and deeper, cantavano i Bullet.
L'ultimo giorno della mia vacanza, ci salutammo come due persone consapevoli che hanno fatto lo sbaglio peggiore della loro intera vita. Due condannati a morte, due idioti, due ragazzini irresponsabili.
Mentre salivo in macchina, lei preoccupata e stretta tra le sue braccia mi strillò con impeto : Non dirlo ad Ale, ti prego Ned, fallo per te stesso!
Quello, fu anche il primo giorno in cui coniai questa frase, come una lapide sulla mia testa che non mi abbandonò più : I'm a deadman walking. I deadman walking sono i condannati a morte, ma la traduzione è ciò che fa rabbrividire: uomini morti che camminano.
Io stavo camminando verso Milano, su un treno regionale sporco e puzzolente e ogni minuto più vicino alla mia città, era eterno e spaventoso. Avrei voluto non finisse mai quel viaggio, perchè sapevo che dovevo scendere prima o poi.
Tutti dobbiamo scendere dai nostri treni prima o poi.
Vedete ci sono uomini che non possono uccidere e uomini che possono uccidere. Wallas poteva uccidere, per Ginevra, poteva. Tutto quel sangue caldo che gli ribolliva, poteva esplodere in un atto di estrema violenza, nel suo caso in un paio di coltellate - salvo poi pentirsene per il resto dei suoi giorni, perchè non l'avrebbe mai fatto a mente lucida, ma l'avrebbe fatto in quelle condizioni, un istinto che ben comprendevo, dato che anche io sono fatto così -
Escogitai un piano. Tanto in fondo, sapevo che lui sapeva. Qualcuno avrebbe parlato, presto o tardi, lui sospettava da tempo di me e Ginevra e quindi, dovevo prevenire il disastro, dandogli il tempo per calmarsi o almeno facendo in modo che non ci rimettessi le penne… Ma come?
Prima di partire per la Toscana, mi frequentavo con una certa Giulia che, caso vuole, abitasse a pochi metri dalla casa del Wallas. Sempre per caso fortuito, il Wallas ci aveva visti assieme, si era seduto con noi al tavolo di un pub e si era preso una cotta per la mia Giulia o almeno, la trovava così attraente da farci più di qualche pensierino - anche se non l'aveva certo ammesso, lo si intuiva dai suoi sguardi e i suoi modi costruiti di parlare per darsi un'aria -Raccontai tutto a Giulia nella speranza che la mia vita a rischio fosse più importante del semplice ' Mi hai tradito bastardo ! '
Ad aggravare la mia posizione però, c'era la mia richiesta: Provaci con lui, se ti bacia, siamo pari. E consapevole di questa parità, si sentirebbe anche lui in colpa. Quindi, non mi ucciderebbe.
Furono ore intense quelle in cui Giulia mi staccò il telefono in faccia...
Iniziavo ad immaginare la mia ultima cena, il mio testamento, la mia ultima sega... bè la mia ultima scopata era stata grandiosa, quindi, poteva andarmi peggio. La situazione era così drammatica da farmi divertire a crepa pelle, sceso alla stazione centrale, controllato che il Wallas non mi aspettasse ai binari, iniziai a riprodurre nel mio ipod le canzoni da marcia funebre. E ammetto, la cosa mi divertiva. Era grottesco. In aggiunta, mia madre era in vacanza ancora per due lunghe settimane ed io, ero a casa da solo con i miei cereali e le mie pantofole.
Giunto a casa, mi barricai con tanto di tavolo messo a mo di barriera sulla porta e coltello pronto all'uso, sotto il cuscino da letto.
Poi, durante la mia prima notte da militare in trincea, Giulia mi chiamò.
' Lo faccio solo perchè so che non meriti una brutta fine. Ma con te, ho chiuso. Ciao. '
Ringraziai ogni stella possibile ed immaginabile, ma il problema ora, era soltanto uno: quei due dovevano baciarsi e io, dovevo avere qualcuno che testimoniasse l'accaduto. Come potevo fare? Organizzai anche questo grazie alla gentile disponibilità di Giulia e di una sua amica e tutto filò per il verso giusto, il piano funzionò, i due si incontrarono in un parco, lei fece la gallina, lui ci provò.. il Wallas baciò Giulia.
Ora, dovevo solo farmi avanti.
Mentre pensavo a come agire, a cosa scrivergli, in che modo potessi sia rivelargli di Ginevra, che di quello che aveva fatto con Giulia, mentre pianificavo vie di fuga, opzioni secondarie ed altro, il citofono di casa mia, suonò in una piovosa sera di fine Agosto.
' Scendi. '
Il fatto che mi disse di scendere, fu rincuorante, perchè almeno, aveva abbastanza sale in zucca da non salire e sfondarmi la porta malamente.
Però, non mi fidavo lo stesso. In più, la sorpresa, così, tutta d'un tratto, mi faceva palpitare il cuore come l'acqua che ribolliva sulla pentola della pasta. Ero preso alla sprovvista, avevo calcolato bene i piani, ma non le tempistiche. Aggiunse, nel mio totale silenzio : ' Tu non amavi Giulia, mentre Ginevra era la donna della mia vita, sei un lurido bastardo! Scendi, se hai le palle, almeno mettici la faccia. SCENDI ORA ! '
Sapete perchè scesi ? Scesi perchè quello, era il mio migliore amico. Scesi perchè gli volevo così bene, da sapere quanto gli avesse fatto male il mio gesto. Ed in qualche modo dovevo pagare, perchè avevo ferito un ragazzo che per me, contava davvero tanto. Era forse l'amico più vero e speciale che avessi mai avuto. Un coglione cronico, esattamente come il sottoscritto. Una persona che però, esattamente come il sottoscritto, era una persona vera. 
Poco prima che l'ascensore si spalancò, pensai: Non è così che finirà la grande vita che Dio mi ha assegnato.
Sorprendentemente, chiarimmo.
Non so come, ma chiarimmo senza spargimenti di sangue. La discussione durò tutta la notte perchè in quella discussione non c'era solo la mia colpa, ma c'era la colpa di Ginevra, la colpa di Ale, la colpa dell'essere un cattivo fidanzato, la mia colpa dell'essere un pessimo amico, l'amicizia con Edoardo, i tradimenti di tutti noi, i nostri vecchi amici... la nostra infanzia. Nessuno picchiò nessuno e a parte qualche strillo e spintone, fummo tutti sani e salvi. Solo che, ancora non potevo saperlo ai tempi, che qualcosa quella notte, si ruppe davvero dentro il mio amico.
Perse la fiducia nel trovare o provare a vedere del ' bello ' nel mondo che lo circondava. Si era rassegnato… ed aveva solo 18 anni. Non sarebbe più tornato lo stesso. Quando lo vidi andarsene a casa e girarsi di spalle, per quanto assurdo vi possa sembrare, io percepii qualcosa di brutto e spiacevole. Come un'ombra destinata ad allargarsi nel corso degli anni a venire. Però, non ci diedi peso. Pensavo fosse suggestione. Avevo chiarito con lui e in qualche modo, avrei ricostruito i rapporti andati ormai rotti. Ero davvero uno stupido.
Se solo avessi capito prima…
Non ci parlammo per un mese, fino al giorno in cui mi chiamò per chiedermi se mi andava di fumarmi una canna con lui, dato che era nella mia zona e si stava annoiando.
Lui non fumava le canne, ma anche stavolta, non ci feci caso.
Ero proprio uno stupido.
Se gli uomini potessero vedere il proprio futuro, non piangerebbero mai. Nè per rimpianti, nè per rimorsi.

- Fine parte 5 -

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La straordinaria storia di Sir.Artur.Wallas - Parte 4 -

​​Sorseggiai una caipiroska alla fragola; tutt'attorno lo zucchero di canna mi dava una piacevole sensazione di dolcezza sulle labbra, rimanevano zuccherine e succose, e chiunque mi avesse baciato, si sarebbe gustata un ottimo sapore... ma Ginevra non mi baciò quella notte.
Però, la toccai.
Ginevra era una ragazza che quando ci dava dentro con l'alcool, non aveva un minimo senso di responsabilità, finiva col bere quantità industriali di qualsiasi porcheria - purchè costosa - le venisse proposta.
Le piaceva proprio sbronzarsi, forse anche questa era una caratteristica affine a noi due. Non so se lo facesse perchè, come a me, le piaceva il senso di folle libertà, di caduta irrefrenabile, di oblio caotico e confuso... Forse beveva semplicemente per lasciarsi andare, ma lo trovo poco possibile, dato che le sue sbronze erano identiche anche quando stava fedelmente fidanzata col Wallas e non aveva certo ragioni per smollare un po' il suo corpo composto...No?
Io bevvi davvero poco.
Volevo godermi a pieno quel momento e ricordarmelo sulla pelle ancora a lungo. Se qualcuno mi chiedesse cosa mi facesse pensare che me la sarei portata a letto quella notte stessa, la risposta sarebbe stata semplice: Era un così strano e irripetibile caso del destino, che era ovvio che non sarebbe rimasto incompiuto. Non esistono casualità così grandi. Sono le persone, al massimo, a non sfruttare quei momenti incredibili e a lasciar cadere nel nulla le loro più grandi opportunità. Non capiscono che se è successo è perchè è destino che venga portato a compimento. Non puoi interromperlo riflettendoci, o facendoti dilemmi, o abbandonando sul nascere la questione. A volte, il Destino bussa chiaramente alla nostra porta, ci fa uscire in mutande, proprio quando non siamo preparati, e ci grida: Vieni con me, ho una cosa da mostrarti!
Insomma, per questa ragione, mi ero convinto che le stelle avessero deciso che quella notte, tutte le mie fantasie, si sarebbero avverate. Potevo già immaginare, ora che era lì, da sola, ad un palmo dal mio viso, non avevo più paura a toccarla, ad abbracciarla, a strusciarmici dolcemente sulle sue cosce. Sentivo vibrare il suo cuore, vedevo quelle labbra chiamarmi ed essere vere, non più come prima, così precluse e serrate. Era proprio lì, lì davanti ai miei cazzo di occhi e potevo farla mia. Cazzo se potevo. Il problema, però, insorse poco dopo.
Non era da sola.
Un suo amico, che all'epoca pensavo fosse il suo nuovo ragazzo, era presente alla festa e l'avrebbe riaccompagnata a casa, avrebbe dormito con lei e l'indomani sarebbero andati assieme al mare.
Il tizio, tale Gianmarco, non era neanche malaccio. Anzi. Moro, abbronzato, camicia sbottonata e sandali, rideva e scherzava un po' con tutti, sembrava un tipo alla mano, abbastanza carismatico... Era solare; guardarlo destreggiarsi tra le persone, ballare, salutare Ginevra e assicurarsi che stesse andando tutto bene... metteva di buon umore. Quindi, perchè non pensare che fosse il suo uomo?
Lei gli sorrideva sempre, ad un certo punto della serata ricordo, mi prese per mano e mi fece: Andiamo a prendere Giammy, portiamolo qui con noi ! Dai che facciamo festa, Ned !
Alla fine Ginevra si era appena mollata col ragazzo con cui aveva condiviso due anni di una relazione così malsana e carnale, era più che scontato che cercasse per contrappasso un uomo che la facesse sorridere e divertirsi.
E quello, quello era più Gianmarco che il sottoscritto. Io non sono mai stato incredibile nel mettere il buon umore o nel fare il festaiolo della situazione... sono sempre stato un po' più ... Indie, alternativo... Sai, un po' sulle mie, sulle cose... strane. Io leggevo Nietzsche a testa in giù con una ragazza di nome Lorenza, non mi sarei mai sognato di abbracciare venti persone diverse e farci la foto assieme al mare.
Insomma, Gianmarco era l'uomo giusto per Ginevra, eppure, successe qualcosa di strano, qualcosa di... molto strano.
Ginevra aveva esagerato con gli alcolici e verso le due di notte, non si reggeva in piedi. Farfugliava, sbatteva contro le persone, rideva sguaiata a caso e poi, bè, poi vomitava, ma fortuna che la sabbia copriva ogni traccia. Mi rifiutavo di vedere il vomito di Ginevra, sono una di quelle persone che è ancora convinto che le ragazze facciano la cacca rosa e profumata, insomma, non voglio interrompermi l'immagine celestiale che ho di quella donna o dell'altra. Quindi, giravo la faccia ogni volta che Ginevra stomacava per terra... Tutavia non mi disturbava vederla così ubriaca: ne ero così perso, che a dirla tutta, se non fosse stato per Gianmarco, avrei avuto un'erezione. Sì, proprio una vera e dura erezione. Le ragazze sfatte, quelle col mascara che cola e dona quella profondità malsana ai loro occhi cerbiatti, mi danno quella sensazione di sesso selvaggio e spinto: come se le sentissi godere a denti stretti, con la saliva che cola dalle mie labbra alle loro, la pelle arrossata di segni e grida a richiederne ancora, e ancora, con più forza, più violenza, più voglia di mordere e strappare la carne dal mio corpo.
Ecco, Ginevra in quel momento, stava iniziando a diventare nella mia mente, nuda e chinata a gambe spalancate e mi stava chiamando, faceva cenno con due dita di avvicinarmi, sussurrava maliziosa: ' Scopami, Ned. '
Però, la folla attorno a me, il suo amico che pensavo fosse il suo uomo, il fatto che vomitasse, furono tutti fattori che tennero a freno la mia erezione e mi tolsero ogni pensiero erotico dalla testa.
Eppure, il Fato aveva fatto in modo che le cose si evolvessero in modi ancora più assurdi e scarlatti, come se, la mia vita, fosse un film che non doveva essere così scontato, ma anzi appassionare fino all'ultimo minuto.
Come già scrissi, non baciai Ginevra quella notte. Però...
Gianmarco da solo non poteva guidare in macchina e tenere a bada Ginevra per riportarla nella sua ' casa-palafitta-villa di lusso sul mare- quel cazzo che era quell'abitazione strana ' e quindi, chiese a me di accompagnarlo e controllare che Ginevra non vomitasse sui sedili.
Mentre Giammy guidava sulla strada sterrata e deserta, Ginevra, in totale confusione e mancanza di forze, appoggiò la sua mano tra i miei pantaloni stretti e cadde distratta con le labbra sul mio collo. Fu fortuito, inconscio forse, ma il suo odore... quel profumo così dolce ma delicato, riesco ancora a ricordarlo, come se fosse qui e annusassi ancora i suoi capelli. La scostai con delicatezza, non sono tipo che si approfitta di donne ridotte in quelle condizioni, ma le strinsi le spalle attorno a me, le accarezzai il viso, come se tenessi tra le braccia una cosa preziosa e fragile. Non lo feci con troppa sensualità, altrimenti cosa avrebbe pensato Gianmarco? Fui più un padre, un fratello maggiore.
Arrivati a casa di Ginevra, i suoi genitori, avvisati da Gianmarco, la aspettarono impazienti sull'uscio di casa.
Non la sgridarono, anche perchè era inutile sgridare una persona che il giorno dopo si sarebbe dimenticata tutto l'accaduto, si limitarono a qualche esclamazione di arrabbiatura e a chiederle se volesse una tisana o un te caldo. Lasciata Ginevra a casa, mi avviai verso la macchina di Giammy con sconforto e amarezza, ormai avevo capito di quanto fossi stato scemo per credere che Ginevra sarebbe stata mia, ma avendoci già fatto l'abitudine al ' rifiuto ' nei miei confronti, me ne feci una ragione quasi ' scontata ' e mi preparai al ritorno al mio villaggio. Stavo allacciandomi la cintura...E poi...
La voce di Flora, la mamma di Ginevra, mi chiamò.
" Ned, vieni un attimo per piacere. Scusami tesoro, vieni un secondo! "
- Arrivo Giammy, aspetta.
Quando tornai alla macchina, raccontai a Giammy del perchè della mia assenza prolungata.
" Gianmarco, va pure. Io devo restare qui con Ginevra. "
Ginevra chiedeva di me, nei suoi deliri alcolici e nel suo malessere, chiedeva dove fossi e se potessi starle vicino.
- In quel momento, avevo capito che Gianmarco era solo un grande amico di Ginevra e finalmente, respirai quella sensazione di vittoria e soddisfazione, come di chi si rende conto, che le cose non sono brutte come le aveva immaginate. Solo un amico,eh? Solo un amico. Niente poteva rendermi più felice. -
Il padre, vedendomi forse come un grande ragazzo dalla testa sulla spalle, mi invitò a dormire con Ginevra nel secondo letto della stanza, si scusò persino del disturbo e mi promise una ricompensa l'indomani.
Fui così sorpreso, che mi venne quasi da ridere. Ovviamente finsi che avevo degli impegni, che dovevo tornare urgentemente da mia mamma che stava in pensiero, che non volevo intromettermi in una casa non mia e cose di circostanza, ma dentro di me, potevo fare i salti di gioia ! Ci potevo credere? No, era assurdo! Un vero colpo di fortuna.
Non mi misi nel letto con lei, non potevo certo farlo coi suoi genitori appena conosciuti, distanti di qualche metro quadrato, però la guardai: Si era addormentata tenendomi la mano in modo così naturale e infantile... e il pigiama addosso al suo fragile corpo, si era scoperto lungo tutto l'ombelico. Il suo ventre, brillava nel chiarore delle stelle, come fosse un sottile e sensuale serpente dai colori soffusi.
Mi eccitai, ma mi infilai nel letto evitando di dare il sopravvento ai miei ormoni impazziti. Non potevo certo fare altro. Durante la notte, avevo quasi l'istinto di alzarmi e spiarla un po'. Era diventato quasi impossibile resistere al toccare quella pelle così liscia e morbida. Cercai uno stupido pretesto, mi avvicinai al suo letto e poggiai le mie dita attorno al suo ombelico, le passai tutte attorno e feci dei piccoli cerchi concentrici. La accarezzai ancora per qualche secondo, poi le chiesi : ' Ginevra, tutto bene? Stai meglio? ' .
Dormiva profondamente, non mi dispiacque, il solo toccarla mi aveva dato brividi lungo tutta la schiena e mi andava bene, era già un traguardo.
Tornai nel mio di letto e rigirai il cuscino dal lato più fresco.
Sentii qualcosa di duro nella tasca dei miei shirt, non era il mio pisello e quindi controllai.
Il cellulare?
Caspita me ne ero totalmente dimenticato! Mi ero persino scordato di avvisare mia madre del mancato ritorno, non mi era neanche passato per l'anticamera del cervello. Dalla festa in spiaggia, non l'avevo tirato fuori dalla tasca neanche una volta. Ero troppo preso a guardare Ginevra e le sue gambe sottili, le sue scollature, sentire i suoi discorsi, capire i suoi interessi... Come se avessi conosciuto davvero Ginevra solo quella notte. Prima era la ragazza del Wallas, prima neanche ci facevo caso al conoscerla un po' meglio, invece ora, era così tanto al centro dei miei pensieri da avermi fatto dimenticare persino di chiamare mia madre.
Vidi un messaggio delle 11.30.
Alessandro.
--- Ned, non ti sei scopato Ginevra vero ? ---
In quel momento, i brividi, mi scorsero lungo la schiena e mi bloccarono come una statua di cera. Stavo sudando, avevo paura. Era come se, in qualche modo, Alessandro fosse dentro la mia testa. Ci separavano più di cento chilometri, eppure, sentivo il suo affannoso respiro di fianco. Mi sentivo osservato, messo alla prova, spiato. Perchè quella domanda così casuale? Come poteva sapere che io e Ginevra ci eravamo visti? Com'era possibile? Forse Gianmarco gli aveva detto qualcosa? Ginevra però non me l'ero certo scopata!
Almeno...
per ora.

- fine parte 4 -

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Alice e la pioggia.

Cosa c'è che non va?
Tutto.
Tutto tipo ?
Come se il cosmo ruotasse contro di me, come se, qualsiasi pulsante scintilla di novità fosse bruciata da un gigantesco caos pensante e oscuro.
Che intendi ?
Che anche questo momento verrà rovinato, ecco, ha iniziato a piovere.
Ma la pioggia può essere bella.
La pioggia, qui, non è bella da un pezzo Alice. Ha cambiato colore e forma ed ora, è come se vedessi il grigio del cielo, per quello che è. 
E cosa ti rimane da fare?
Affogare. Non ho intenzione di nuotare, in un mare di merda. 

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